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Sabariani Salvatore

Nato a Benevento da antica e nobile famiglia, fu tra il 1843 e il 1848 e con programma neoguelfo, fervente sostenitore dell'unione del Ducato di Benevento al Regno di Napoli, dopo i vani tentativi del 1820. Grave era il disagio economico, l'inazione e la depressione di quel territorio pontificio chiuso nel Regno e non meno rovinoso l'atteggiamento del governo borbonico che attuava una politica di sempre più stretto isolamento. Nel maggio del 1847 il Sabariani convinto di poter agire, stringeva rapporti col circolo napoletano "Il Progresso" e con l'altro della "Suprema Magistratura" i quali annoveravano i più accesi fautori di riforme, ma trascurò gli esponenti liberali locali che rivestendo uffici amministrativi e militari, sopra tutto per gelosie politiche, non gli davano sicuro affidamento. Questo suo errore iniziale che non seppe o non poté evitare e la sua imprudente attività organizzatrice, che portò ai primi arresti da parte della polizia pontificia, gli fecero affrettare la data dell'immatura sommossa. Il 2 aprile 1848, veniva affisso in Benevento un audace proclama. Incitava: "Napoli è il nostro centro, Napoli ci potrà dare novelli destini, dunque riunione a Napoli o la morte". La misura sembrò colma al governo pontificio tanto più che il fermento popolare aveva costretto i Gesuiti del Collegio beneventano e il cardinale arcivescovo ritenuti ostili a libere istituzioni ad allontanarsi dalla città. La sera del 15 aprile mentre il Sabariani era intento nella sua abitazione con alcuni seguaci a predisporre la sommossa per la vicina domenica delle Palme, la polizia intervenne. I congiurati si difesero a lungo e invano essi fecero echeggiare le campane dell'adiacente chiesa gentilizia di S. Marco fidando nell'adesione popolare. Il fuoco appiccato all'edifizio pose fine alla lotta che causò la morte di un sergente dei fucilieri e il ferimento di alcuni militi. Il Sabariani condotto a Roma fu rinchiuso in Castel Sant'Angelo. Lo raggiungeranno altri 64 compromessi - Fra gli arrestati, Salvatore Rampone che sarà nel 1860 presidente del Governo provvisorio. Gli avvenimenti di Roma e la proclamazione della Repubblica, indussero il Sabariani e gli altri congiurati a rivolgere una petizione all'Assemblea Romana chiedendo di essere dimessi dal carcere. L'Assemblea il 13 marzo 1849 votava per l'immediata liberazione del Sabariani e dei suoi compagni di fede "perchè i fatti loro imputati non costituivano altro che un precedente alla rivoluzione repubblicana effettuata poi in Roma". Ma Roma assediata, si arrendeva e il Sabariani nuovamente arrestato fu processato e condannato alla pena dell'ultimo supplizio (29 maggio 1852), pena commutata da Pio IX il 22 giugno successivo con la galera a vita. Il Sabariani mori in carcere due anni dopo, il 26 maggio 1854.

Bibl. - P. C. ULLOA, De' fatti dell'ultima rivoluzione derivati dai giudizi politici del Reame di Napoli, Napoli, Stamperia Reale, 1854, pp. 120 e LXVI; 5. RAMPONE, Memorie politiche di Benevento cit., p. 49; A. ZAZO, Il Sannio nella rivoluzione del 1860. I Cacciatori Irpini cit., pp. 96-7; Id. La rivolta del 15 aprile 1848 in Benevento e la condanna di Salvatore Sabariani suo principale promotore in Samnium 1940, p. 201; Id. Il Ducato di Benevento e le sue aspirazioni unitarie al Regno di Napoli in Samnium 1948 cit., p. 92; Id. Il Ducato di Benevento nel 1847-9. Diario cit., p. 141 e passim; Id. Il Quarantotto Beneventano in Arch. Stor. Prov. Napoletane, XXXI, 1947-9; F. De Simone, Benevento dal 1799 al 1849 cit., p. 59.

da "DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO DEL SANNIO" di Alfredo Zazo, Ed. Fausto Fiorentino, Napoli, 1973

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