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PAUPISI

 

GIUSEPPE DE MARCO

 

GUARDIA NAZIONALE MOBILE

 

LA FINE DEL BRIGANTAGGIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GUARDIA NAZIONALE MOBILE DISTACCATA NEL CIRCONDARIO DI VITULANO

Stato nominativo di pagamento fatto oggi 14 luglio 1861

da: A. ZAZO - "Il Sannio nella rivoluzione del 1860. I Cacciatori Irpini" - Benevento, 1927

Tenente Colonnello

GIUSEPPE DE MARCO

Primo Tenente

VINCENZO TORRE

Secondo Tenente

DOMENICO RICCI

DOMENICO LAMA

Sergente Furiere

TITO PARMEGGIANO

Sergenti

FRANCESCO IANNELLA fu SAVERIO

FRANCESCO IANNELLA

FRANCESCO CAMPAGNUOLO

Caporali

ORAZIO ZOTTI

GAETANO BACCARI

ACHILLE DE JULII

PELLEGRINO IANNELLA

TOMMASO MARANO

LUIGI RICCI

MARCANTONIO BUONO

Militi

DOMENICO IZZI

PIETRO PEDICINI

ANTONIO MAIELLO

A. ANTONIO EVANGELISTI

COSMO SANTORO

GIOVANNI VIGLIONE

FRANCESCO BACCARI

FRANCESCO OSECCHIO

GIUSEPPE CAROLLA

GIUSEPPE CAVUOTO

GIOVANNI ABETE

ANTONIO DEL NINNO

FRANCESCO PULIGNANI

ANGELO BANCARI

ANGELO ROMANO

ANTONIO COLLARILE

NUNZIO DELLICARRI

GAETANO PETRUCCIANI

SALVATORE ADIACO

VINCENZO MUZZILLO

GAETANO PILLA

VINCENZO BABUSCIO

GAETANO CAVUOTO

DOMENICO DEL GROSSO

COSMA PAULINO

CAMILLO GRAMAZIO

VINCENZO MAINELLA

GIOVANNI TRETOLA

GENNARO JANNELLA fu DOMENICO

AGOSTINO DE FILIPPO

NICOLA PALUMBO

CRESCENZO MAFFEI

GIUSEPPE CUSANO

FILIPPO PULCINI

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LA FINE DEL BRIGANTAGGIO

di: Floridante BIZZARRO - da: "Paupisi nella storia" Ricolo Editore - Benevento, 1981

La fine del brigantaggio nel Beneventano è appena accennata nelle cronache del tempo, ma vive ancora oggi nei racconti del focolare presso gli anziani dei paesi della zona del Vitulanese. Il monte San Menna là dove si adagia Paupisi ed i casali di San Pietro la Difesa e Santo Stefano, lungo il fiume Calore, fino a Solopaca, erano dimora e campo d'azione e di rifugio delle bande bene organizzate e foraggiate dallo spodestato re di Napoli, nel 1860-1861, al comando di due fra i più astuti briganti del Mezzogiorno, il Caporal GENNARO e il Caporal MEO. Non riveliamo i cognomi delle rispettive famiglie ancora esistenti nel luogo. Poco dopo la costituzione della nuova Provincia di Benevento, nel settembre 1860, con decreto del dittatore GARIBALDI, il re VITTORIO EMANUELE II, preoccupato della grave situazione del Sannio, infestato come negli Abruzzi e nel Molise, da orde di criminali, agli ordini del Borbone ansioso di riconquistare il trono, creò la Guardia Nazionale, quale polizia repressiva di Stato, con elementi locali di provata fede patriottica, e venne decretato lo stato di assedio nella Campania, nel Molise e nell'Avellinese, al comando del generale GIORGIO PALLAVICINO. Per designazione dell'eroico colonnello garibaldino GIUSEPPE DE MARCO da Paupisi, membro del Direttorio di Benevento, l'artefice della rivoluzione sannita che scardinò totalmente il Regno borbonico, come è consacrato nella Storia del Risorgimento e nelle pagine della liberazione del Mezzogiorno, il generale PALLAVICINO nominò a capo della Guardia Nazionale per Paupisi e territorio PASQUALE ZOTTI, detto per antonomasia "don Pasquale" autorevole personalità del paese, uomo di specchiata onestà, facoltoso proprietario terriero di San Pietro la Difesa. Di antica famiglia oriunda del Veneto, trasferita nel lontano Medio Evo nelle Calabrie, e stabilitasi poi nel Sannio, aveva con sé l'austerità e la statura morale nonché fisica della gente alpina; di poche parole, autoritario, energico nel gesto, severo con se stesso e con gli altri, era l'uomo più adatto per ristabilire l'ordine e l'autorità dello Stato, contro insidie di malfattori, rei di efferati delitti contro la vita e la proprietà. Senza esitare don Pasquale Zotti, iniziò l'azione a fondo per la cattura dei due briganti, mentre le truppe regie agivano nella zona del Taburno. Ma un triste giorno, presso la sua masseria della "Fontanella" in quel di San Pietro la Difesa, i briganti catturarono il figlio minore, giovane inesperto, GENNARO, padre di EMILIA, nonché lo stesso arciprete del paese, congiunto di don Pasquale, don FRANCESCO ZOTTI, e trascinarono i due sulla montagna. Seguì il ricatto con la minaccia di morte per entrambi, ove non fossero consegnati generi alimentari e denaro. Don Pasquale non mosse ciglio e ordinò che tutto quanto richiesto fosse approntato e condotto sulle grotte indicate al monte San Menna. I prigionieri vennero restituiti laceri e malconci per lividure e sevizie, con propositi di minaccia e di vendetta per don Pasquale. La riscossa non tardò ad essere organizzata nel più rigoroso silenzio, dagli ZOTTI padre e figlio ORAZIO, vice comandante della Guardia Nazionale, anche egli animoso e ardimentoso. Ricevute armi e munizioni dal comando di Benevento, radunati fidatissimi coloni, con abile accorgimento, riuscirono a trarre i due briganti in una casa all'ingresso del paese presso la chiesa di Santa Maria del Bosco, ora abbattuta. Dallo studiato appostamento, ORAZIO ZOTTI, che si era posto a capo dei coraggiosi, insieme col fratello minore GENNARO, iniziarono l'attacco e dopo una violenta sparatoria, malgrado l'accanita difesa, i due briganti feriti vennero catturati, insieme con altri cinque della banda. Per ordine di don Pasquale, tanto caporal GENNARO come caporal MEO, vennero passati per le armi, come da autorizzazione ricevuta. All'alba, i corpi dei malfattori venivano impiccati all'ingresso del paese e un inviato era spedito a Benevento per comunicare l'esito dell'operazione, che meritò l'elogio del generale PALLAVICINO. Con un apposito bando don Pasquale avverti nelle campagne che tutti tornassero al lavoro e alla sicurezza dei beni e della vita, poiché il brigantaggio era finto. L'impresa di Paupisi segnò il declino della resistenza del brigantaggio. Pochi giorni dopo, le truppe del Taburno catturavano il più efferato della zona, il celebre CARUSO, fucilato sulla piazza d'armi a Benevento, e nell'Avellinese, le truppe regie catturavano e uccidevano i fratelli SANTANIELLO. Don Pasquale Zotti si ritirava tranquillo e sereno nelle sue terre, dopo aver ceduto il Comando della Guardia Nazionale al figlio ORAZIO, fino al termine dello stato d'assedio.

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