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CERRETO SANNITA

PERSONAGGI E VICENDE DEL SANNIO CONTEMPORANEO

Cerreto nel Risorgimento

prima del 1860 | dopo il 1860

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cerreto nel Risorgimento [prima del 1860]

di Vincenzo MAZZACANE

da: "Memorie storiche di Cerreto Sannita", Liguori Edizione, nuova edizione, 1990, Napoli

 

[...] Sono note le vicende del burrascoso periodo che seguì la Rivoluzione e del risollevarsi dell'egemonia francese. Napoleone incaricò Massena di conquistare Napoli, e Ferdinando IV fu di nuovo obbligato a fuggire in Sicilia; le armi francesi s'impadronirono del regno, e nel marzo 1806 Giuseppe Bonaparte si insediò sul trono di Napoli. Aveva principio l'opera rinnovatrice del decennio. L'esercito francese di occupazione non poteva tuttavia non apportare in Cerreto quel turbamento e quei disordini che inizialmente accompagnano sempre le occupazioni militari. In un libro di memorie di casa Carizzi (1) si legge: "Febbraio 1806. Sono venuti nuovamente i francesi in Cerreto (circa tremila di cavalleria e fanteria, come si disse) e in nostra casa c'è stato un capitano dei Dragoni, un maggiore e l'aiutante e una quindicina di soldati a cavallo e servienti. E per evitare il saccheggio si dovette fare una regalia di ducati 1.260 al generale, e la mattina del 15 partirono per Benevento. La sera del 15 ne giunsero altri 300. La rata mia di contribuzione fu di ducati 23". Nonostante i donativi, le milizie venute qui da Piedimonte arrecarono rilevanti danni: trasformarono le chiese in alloggi per la truppa, derubarono, saccheggiarono la cattedrale, il seminario, il palazzo vescovile. Il capitano Nicola Iuliani, vecchio repubblicano, ne affrettò la partenza. Nel 1808 partiva verso la Francia Giuseppe Bonaparte, e il 6 settembre dello stesso anno faceva solenne ingresso in Napoli Gioacchino Murat, bello di aspetto, magnifico di persona, superbamente vestito. Lo spirito pubblico non era tranquillo nel nostro circondano. Il 20 marzo 1808 l'intendente di Terra di Lavoro inviò al giudice di pace di Cerreto (era il dottor. Domenico Antonio Mazzarella, padre del letterato Andrea) una lista di individui "non plausibili" (2), e il 10 giugno, essendo cresciute le voci allarmanti in Cerreto e nel circondano, furono tutti d'accordo col commissario di polizia Rossi (3) di trarre in arresto Nicola Maturo di Amorosi, Pasquale Marchitto di Cerreto, Luigi Fiore e Gaetano Di Lella, pure di Cerreto. Il 16 marzo dell'anno seguente lo stesso intendente chiedeva riservatamente al Mazzarella i nomi delle persone sospette e dei briganti; il 30 marzo gli ordinava di arrestare i corrieri che spargessero voci allarmanti; il 15 aprile gli scriveva: "si suppone di essere stati spediti in questo Regno due proclami rivoluzionari, uno dell'arciduca Carlo, l'altro di Francesco figlio di Ferdinando per produrre un disturbo. È necessario dunque ora di far vedere il vostro zelo, attività e attaccamento al Governo. Invigilate perché non girino nel vostro Circondano gli enunciati proclami. Arresterete al momento tutti coloro che li detenessero. Vi ricordo in questa occasione di sorvegliare attentamente tutti coloro che sono oziosi e disutili e tutti quei che in altre occasioni o coi fatti o con altre maniere si sono mostrati avversi al presente Governo. Questi in ogni minimo fatto che vi darà da sospettare saranno da voi subito ristretti nelle fosse". Il 6 maggio insisteva perché adoperasse tutto l'impegno negli affari di polizia: "una polizia attiva, vigorosa ed energica può solamente prevenire i frequenti disordini che affliggono questa provincia. Ma non si otterrà mai questo intento finché i giudici di pace, cui è affidata la Polizia sotto la dipendenza di questa Intendenza, non raddoppino di zelo, di vigilanza, di imparzialità". Il 5 luglio informava di aver conferito al signor Antonio Massone i poteri di commissario di polizia e di aver date disposizioni per la sicurezza del circondano, considerato il rapporto del giudice del 29 precedente mese: "si facessero sollecitamente passare delle munizioni in Piedimonte al capitano Sannillo, il quale formerà il centro della forza del Matese in assenza del marchese Letizia. Il Matese è scorso intanto dalle colonne mobili comandate dai singori De Benedictis e Sarzillo di San Potito, che ha la sua corrispondenza in San Gregorio" (4). Il vacillante edificio del feudalesino riceveva intanto dalla nuova dominazione l'ultimo colpo. Il 2 agosto 1806 veniva abolita la feudalità, reintegrate alla sovranità tutte le giurisdizioni, mentre la proprietà era assoggettata ai tributi regi. Il primo settembre si ordinava la ripartizione dei territori feudali e lo scioglimento delle promiscuità fra le popolazioni e gli ex baroni. Fu creata la Commissione feudale per la decisione delle liti (5) e il 24 ottobre dello stesso anno si nominarono i commissari ripartitori Si dispiegò un'ampia opera di riforme civili: "Ci vollero i figli della Rivoluzione, forti degli ardimenti materni, per disegnare e avviare, nei due anni di Giuseppe, ed eseguire e compiere negli otto anni di Gioacchino Murat, tutti i mezzi di rigenerazione che, da oltre un secolo, i nostri pensatori venivano chiedendo" (6). Per Cerreto la Commissione feudale emise sentenza in data 5 luglio 1809 (7).

[...] Caduto Napoleone, combattuto e vinto Gioacchino Murat, tornò dalla Sicilia Ferdinando IV, che mutò titolo e si chiamò I delle Due Sicilie. La restaurazione dei Borboni fece rimpiangere il periodo luminoso del decennio napoleonico: iniziò il torbido, lungo periodo delle persecuzioni poliziesche, cui si abbandonò il sospettoso e crudele governo borbonico. In Cerreto, se diffuso era il sentimento dinastico, non mancavano elementi liberali, così come nel 1799 non erano mancati uomini di schietti sensi repubblicani. Né mancò una presenza carbonara. Il regno di Napoli si trovava nelle condizioni più adatte perché vi sorgessero e prosperassero le sette, ed infatti vi penetrò subito ed ebbe larga diffusione quella dei Carbonari (8). In Cerreto una "vendita" fu istituita nel 1814 e Gran Maestro ne fu Bonaventura Capuano, uomo di dubbia moralità, audace, avventuroso e violento, "inviso al ceto basso per angarie e usure", morto infine nel 1842 (9). Il Rotondi accenna alla festa solenne che i carbonari organizzarono il 6 e 7 luglio per celebrare la costituzione spagnola. Nella piazza di S. Martino, convertita in foresta, fu allestito un banchetto per i poveri e per i "legionari". Furono accesi fuochi di artificio e si vide il prete Carminantonio Amodio posar sulle ginocchia in mezzo agli ebbri festanti commensali (10). La "baracca" fu eretta nel refettorio dei conventuali, ove nella parete del muro di riscontro all'entrata fu effigiato San Teobaldo, patrono della setta, e a piè dell'effige fu posto il soglio del gran maestro con a fianco i seggi dei due assistenti e due file di sedili per gli affiliati (11). Ma la festa destò scarso interesse nella popolazione, e la vendita ebbe vita effimera e forse pochi seguaci (12). Maggiore importanza assunse quella fondata in Guardia Sanframondi sotto il titolo dei Telesini Risorti (13), la quale nel 1820 deliberò di tributare "ai virtuosi carbonari trapassati, con solennità funebre, i sacri uffici di espiazione". Ne ebbe l'incarico il "buon cugino" Luigi Maria Grillo, arciprete di Cerreto, che il 2 dicembre recitò nella chiesa di S. Sebastiano di Guardia una forbita orazione di omaggio agli illustri carbonari, che erano stati i "liberatori dei popoli oppressi in Europa, affrontando travagli, pericoli, persecuzione e morte" (14).

[...] Sono noti i fatti del 1820. Il 2 luglio di quell'anno insorsero a Nola i due sottotenenti di cavalleria Morelli e Salvati, che a capo del loro squadrone, inalberati i colori della carboneria, mossero, insieme con l'abate Luigi Menichini, su Avellino, e ad essi si aggiunse il tenente colonnello De Conciliis. I rapidi avvenimenti che seguirono spinsero Ferdinando a promettere, il 7 luglio, la costituzione. In Cerreto, appena si sparse la notizia, suonarono le campane e 1'11 luglio nella cattedrale si cantò il Te Deum, con messa e assistenza del vescovo, e con spari di batteria. Per tre sere la città fu illuminata e il 16 luglio la funzione si ripeté, del pari solennemente, nella chiesa di S. Martino, con sermone dell'arciprete, e la sera fuochi artificiali, lancio di un pallone volante e cena pubblica nel largo di S. Maria, ridotto a bosco in onore di S. Teobaldo eremita. Vi furono tre cene: la prima per i poveri, la seconda per i legionari, la terza per i carbonari. Il 23 luglio ebbe luogo il giuramento pubblico nella cattedrale, presente il vescovo Raffaele Longobardi (1819-1823), i canonici del duomo, l'arciprete di S. Martino, il guardiano dei cappuccini e il giudice di pace. Il 20 agosto furono eletti i cittadini designati a recarsi a Piedimonte per l'elezione dei deputati: Giuseppe D'Andrea, Pasquale Mazzacane, Vincenzo Sanzari, Lorenzo Ricci e Bonaventura Capuano. Essi partirono infatti il 26 agosto per Piedimonte, dove fu eletto deputato il dott. Pietro Paolo Perugini di San Lorenzello (15). Al moto carbonaro del 1820 parteciparono molti giovani cerretesi, e fra i più ardenti Pasquale Ciaburri, che poi nel 1848 fu eletto deputato al parlamento napoletano. Capo, o sottocapo, della rivoluzione del 20 in Benevento fu poi il cerretese dottor Bartolomeo Rossi, del quale così scriveva il comandante dei carabinieri pontifici in un rapporto del 15 luglio 1821: "regnicolo, già chirurgo fiscale, uomo di pochi mezzi, sanguinano e accanito carbonaro, che fece di tutto per far partire le autorità e la forza da Benevento, minacciando perfino la persona de' ministri Delegati" (16).

[...] L'idea liberale, sorta sulla fine del Settecento, sopraffatta durante la reazione che seguì alla caduta della Repubblica partenopea, divulgatasi durante il decennio della dominazione francese e nuovamente sopraffatta dalla restaurazione borbonica, non si estinse mai in Cerreto, benché fosse diffuso e predominante il sentimento monarchico e, come già nel 1820, ebbe le sue affermazioni nel 1848. E' noto che il 10 febbraio di quell'anno Ferdinando concesse la costituzione che già il 27 gennaio era stato costretto a promettere. E proprio nel gennaio percorse le strade di Cerreto un "carro della libertà", artefice precipuo Giuseppe Mastracchio, il che dette luogo a qualche manifestazione reazionaria. Di spiriti liberali erano, oltre al Mastracchio (n. 1818), Domenico Capuano (n. 1812), Michele Ungaro (n. 1819), Giuseppe Biondi (n. 1816): tutti giovani e taluno ancora studente. Altri indubbiamente ve n'erano, come Pasquale Ciaburri, già carbonaro nel 1820, e non mancava qualche sacerdote. Il 2 gennaio Domenico Mazzacane, approfittando del fatto che le autorità erano impegnate nella bussola della leva, suscitò una rivolta, e nella sollevazione rimase ucciso un uomo, per cui fu arrestato e accusato di omicidio, ma poi rimesso in libertà (17). Lo stesso cercò di fare in Guardia il fratello Giovanni, ma non trovò proseliti. In tutto l'anno e nel seguente i due fratelli si mostrarono assai attivi mantenendo la popolazione in fermento; ancora nel gennaio del 1850 erano definiti "esaltatissimi". Più tardi furono entrambi esiliati a Campobasso, donde tornati, si mantennero estranei alla politica, ma rimasero sempre vigilati speciali (18). Giuseppe Biondi (19) era ancora studente in Napoli (si laureò nel 1849) e di là teneva corrispondenza con i liberali di Cerreto, specie con l'amico Domenico Capuano (20), come altresì faceva Michele Ungaro (21). Il Biondi, guardia nazionale in Napoli, partecipò alle barricate del 15 maggio '48, e precisamente a quella di S. Nicola alla Carità e ne fornì ampia relazione all'Ungaro, in quel tempo a Cerreto, con una lettera del 18 maggio (22). L'Ungaro, venuto da Napoli a Cerreto nei primi di maggio del '48 per istruirvi la guardia nazionale, il 12 aveva mandato per le contrade del Molise cartelli dettati dal Tofano e dal Saliceti. Ciò si diceva in una denunzia di qualche anno dopo al sottointendente di Piedimonte, nella quale Pasquale Ungaro, fratello di Michele, e Pasquale Ciaburri venivano accusati di "mene contro l'Augusto Sovrano" (23). Il Ciaburri era stato eletto nel 1848 deputato al parlamento. Sciolta, com'è noto, la Camera dei deputati, con decreto 17 maggio '48 e convocati i collegi elettorali il 15 giugno, gli elettori del circondano, nella sala vescovile di Cerreto, dettero 364 voti al Ciaburri, 152 a Giulio Porto di Faicchio, 85 a Mariano Piazza, 53 a Gaetano Del Giudice. Il 21 giugno lo scrutinio definitivo dei verbali dei circondari del distretto dava eletti Gaetano Del Giudice di San Gregorio, Vincenzo Coppola di Piedimonte, Pasquale Ciaburri di Cerreto. Nel marzo del 1849 fu posto fine violentemente al regime costituzionale. Ripreso da Ferdinando il potere assoluto, iniziò un nuovo periodo di dura reazione. La popolazione di Cerreto, come del resto quella di tutto il regno, fu divisa in "fedeli" e in "attendibili", cioé sospetti di liberalismo, e questi ultimi esposti a continue e infinite vessazioni di polizia. Il 19 dicembre 1849 il sottintendente di Piedimonte dava incarico al capo-urbano di Cerreto, Tommaso Carizzi, di sorvegliare rigorosamente i seguenti individui: Giuseppe Mastracchio, Antonio Mastracchio, Raffaele Magnati, Pasquale Ungaro, Domenico Capuano, Vincenzo Gagliardi, Pietro Capuano, il sacerdote Luigi Venditti, Giuseppe Biondi, Gabriele Mastrobuoni, Silvestro Mastrobuoni, Antonio Riccio, Filippo Riccio, Alessandro Piscitelli, Domenico Ciaburri, Carmine Guarnieri, Giuseppe Ciaburri, Antonio Ciaburri, Michele Piscitelli, Tommaso Venditti, Vincenzo Altieri, Gabriele Altieri, Nicola D'Andrea, il sacerdote Alfonso Marchitto. Il capo-urbano rispondeva di non aver nulla da riferire di preciso e di rimarchevole sul conto dei predetti (24). E in effetti negli anni seguenti essi non diedero soverchie preoccupazioni alle autorità borboniche, mentre il paese era preso da altre cure.

[...] La notte del 21 novembre 1851, dopo continue e violente piogge, investito da alcuni tronchi di quercia che la piena dell'acqua trasportata, cadde il ponte a catene di ferro, detto Maria Cristina, costruito circa sedici anni prima sul Calore, presso Solopaca. Era stata intanto già terminata la strada comunale che dal miglio 23 della Sannitica, nel sito detto Torello, per Amorosi e San Salvatore, mena a Cerreto e di qui a Guardia, dove si ricongiunge con la Sannitica. Vari paesi vollero approfittare della circostanza per chiedere che la via fosse dichiarata regia e che un altro ponte in muratura fosse costruito sul Calore, al Torello, presso Amorosi. Molte suppliche vennero dirette al re: da una parte, in favore della nuova costruzione si schierarono San Lupo, Guardia, Cerreto e Cusano; dall'altro Solopaca e San Lorenzo Maggiore, che temevano che la Sannitica prendesse diversa direzione. Il sovrano diede incarico al capitano del genio, Del Carretto, di percorrere insieme col cavaliere Achille Jacobelli sia il braccio di strada che dal ponte Maria Cristina mena direttamente a Guardia, sia l'altro che per San Lorenzo Maggiore si innesta nella Sannitica al ponte Paolella, sia infine quello che dal miglio 23 della Sannitica devia per Amorosi, San Salvatore e Cerreto, per ricongiungervisi presso Guardia, e di esaminare tutte le vertenze sorte presentando gli opportuni rilievi. Un dettagliato rapporto venne redatto, ma o perché preferisse rendersi esatto conto della posizione dei luoghi, o perché indottovi dalla insistenza del Jacobelli, da lui onorato di affettuosa amicizia, il re si decise a percorrere di persona il primo e il terzo braccio di strada. Il 9 febbraio 1852, tra le 16 e le 18, accompagnato dal ministro degli interni, da quattro ufficiali superiori e da circa 30 ussari a cavallo, Ferdinando II giungeva a Cerreto. Precedentemente, il 9 gennaio, il giudice Giambattista Ungaro aveva riferito sulla tranquillità dello spirito pubblico e sull'attaccamento e la devozione al sovrano da parte della popolazione (25). La mattina del 9 febbraio pervenne la notizia che il re sarebbe giunto da Guardia, ma egli, muovendo da Caserta, percorse invece la strada per Amorosi e San Salvatore anticipando di poco il suo arrivo. La visita si svolse nei modi e con le manifestazioni consuete in simili casi. Ogni particolare del memorabile evento venne minuziosamente registrato, e così pure quelli della giornata celebrativa, svoltasi il 19 febbraio, durante la quale furono distribuiti ai poveri 100 ducati lasciati dal re per elargizioni (26). All'avvenimento sono legati due fatti rilevanti per la storia di queste contrade, e cioé la costruzione del ponte al Torello e la reintegrazione della diocesi di Telese-Cerreto. Il re infatti, accogliendo la supplica illustratagli a Cerreto dal teologo Nicola Ciaburri, dispose la separazione delle due diocesi di Alife e di Telese-Cerreto, sollecitando dal pontefice analoghi provvedimenti (27). Quanto alle strade, decretò il restauro del ponte Maria Cristina, la manutenzione della comunale che deviava dal miglio 23 della Sannitica e la costruzione di un altro ponte in muratura, del quale si assunse la spesa Achille Jacobelli. Nel 1857 la fabbrica, che travolse le sorti del cavaliere, assorbendone le ingenti fortune, non era ancora terminata (28). A ricordare il viaggio del re si volle innalzare in Campo dei Marsi, lungo la strada che da Cerreto mena a San Salvatore, su un valico dove il monarca si era soffermato, detto oggi dell'Epitaffio, una colonna marmorea fatta lavorare a Napoli dal Jacobelli a proprie spese, che attestasse l'affetto dei sudditi e la riconoscenza per le grazie ricevute. Il monumento fu realizzato rapidamente e, benché variamente danneggiato, tuttora esiste (29). Il 30 maggio di quello stesso 1852, giorno onomastico del re, se ne festeggiò l'inaugurazione con una cerimonia solenne. Fin dal 27 il cavaliere Jacobelli, che teneva il comando supremo delle guardie urbane per speciale privilegio concessogli dal sovrano, aveva impartite istruzioni ai dipendenti con la precisione minuziosa che la circostanza richiedeva (30). La mattina del 30 si unirono in Cerreto alle milizie del paese anche quelle di Guardia, Pontelandolfo e Morcone, e dopo essersi messe in quadrato in piazza S. Martino sfilarono verso il luogo dove il monumento sorgeva. Erano precedute da due guardie d'onore, da dodici gendarmi a cavallo e da sei guardie venute da Campobasso e Caserta. Seguiva uno stuolo di autorità e di privati, mentre l'intervento di cinque bande musicali rendeva più brillante la marcia. Sul posto, rimpetto alla colonna, era stata eretta una magnifica orchestra e dopo la benedizione cento voci cantarono un inno dettato per l'occasione da Filippo Iuliani (31) musicato dal maestro Giuseppe Paoletti. Seguirono gli spari a salve, le grida di "viva il re" e poi si fece ritorno con lo stesso ordine in Cerreto, ove nel duomo fu cantato l'inno ambrosiano. Discorsi in lode del sovrano, recite di svariati componimenti poetici, luminarie, balli sino a notte inoltrata chiusero la festa tra la generale letizia. Occorre rilevare che la manifestazione monarchica corrispondeva ai sentimenti della maggior parte della popolazione, e l'occasione felicemente carpita dal clero di chiedere grazia per la vuota diocesi contribuì a mantenere vivo l'attaccamento per il re cattolico, manifestatosi in entusiastiche dimostrazioni di riconoscenza quando Cerreto riottenne il suo vescovo, in persona di Luigi Sodo. E noto che questi era devoto ai Borboni e si tenne sempre tale, come la maggior parte del clero, composto per lo più di persone colte e di molto seguito in paese. Occorre pure ricordare che tra il '50 e il '52 la reazione aveva compiuto nel regno di Napoli il massimo sforzo e sembravano stroncate le agitazioni liberali (32). Tuttavia nel 1853 il partito liberale ripigliò vita e la reazione si fece sentire anche in Cerreto. Il 30 settembre infatti il giudice regio incaricava il capourbano di esercitare una più efficace vigilanza sugli "attendibili" e di sorvegliare ogni loro movimento (33). In genere però la considerazione di cui il popolo circondava il suo vescovo, l'influenza che questi e i sacerdoti avevano in specie sulla gente minuta, tenevano indubbiamente desta la devozione al sovrano e vari anni dopo, all'annunzio dell'attentato di Agesilao Milano, Cerreto fu tra i primi comuni ad esprimere con feste e riti religiosi l'orrore per il delitto e la gioia per lo scampato pericolo. Il 21 dicembre 1856 vi si svolse infatti una gran festa, con l'intervento delle guardie urbane di Cerreto, Guardia, Sepino, Pontelandolfo e Morcone, sotto il comando di Achille Jacobelli, e ad esse si associarono le guardie di Cusano. Intervennero i magistrati, i funzionari, i notabili di quei paesi; fu celebrata una messa solenne nella cattedrale, e all'omelia il vescovo Luigi Sodo infervorò i presenti di spiriti monarchici. Si declamarono componimenti poetici nella casa comunale, dove il sottointendente di Piedimonte lesse il discorso Lodi di Ferdinando Il desunte dai suoi atti amministrativi. Vi furono fuochi, suono di bande elargizioni ai poveri; l'abitato restò illuminato per tre sere (34).

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NOTE

(1) Cerreto, Collezione Mazzacane.

(2) Ivi, Corrispondenza del Governatore, poi Giudice di pace D.A. Mazzarella. La lista non è allegata alla nota.

(3) Sul Rossi, v. ROTONDI, Memorie cit.

(4) Collezione Mazzacane, Corrispondenza del Governatore cit.

(5) La Commissione feudale, istituita per dirimere le controversie tra università e baroni, ebbe speciale competenza dal 1806 al 1810. Studiò oltre centomila processi ed emise oltre tremila sentenze, riunite in 97 volumi: "Bollettino delle sentenze della Commissione feudale", dichiarato ufficiale col decreto 26 settembre 1936. I processi spettanti a Cerreto erano conservati nell'ASN, Commissione Feudale, vol. 40, 41, 42, proc. dal n. 264 al 27.1.

(6) SCHIPA, Albori del Risorgimento nel Mezzogiorno d'Italia, Napoli 1938.

(7) "Bollettino delle sentenze della Commissione feudale", 1809, n. 7, sent. 19. (8) VALENTE, Gioacchino Murat e l'Italia meridionale, Torino 1941.

(9) Collezione Mazzacane, Libro di memorie di casa Carizzi. Nel 1814 il Capuano doveva avere circa 25 anni. Nel 1808 infatti la R. Camera di S. Chiara, avendo ricevuto da Bonaventura Capuano richiesta di dispensa dal consenso paterno per sposare Maria Elisa Di Lella, incaricava il governatore di Cerreto di sentire dal padre i motivi del dissenso. Il 28 maggio Filippo Giacomo Capuano dichiarava che il figlio, "di anni 19, non aveva né arte né professione, era tirato al gioco, dissipatore", carico di debiti, ecc.: Collezione Mazzacane, Corrispondenza del Governatore cit.

(10) ROTONDI, ms. cit.

(11) Il simbolismo della setta era tratto dalla vita dei boscaioli. "Vendita" o "famiglia" si chiamavano le singole società distinte in "pagane" o "militari". "Baracca" era detto il luogo della riunione. "Foresta" lo spazio circostante. "Buoni cugini" o "figli di S. Teobaldo" gli affiliati. "Gran Maestro" chi li dirigeva. Ogni "vendita" era presieduta da "tre luci".

(12) Il chirurgo cerretese Bartolomeo Rossi fu invece gran maestro delle sezioni carbonare stabilitesi in Benevento, tolta alla S. Sede da Napoleone e data al principe Talleyrand, tra la partenza di Giuseppe Buonaparte e l'arrivo di Murat. Governatore del principato fu Luigi de Beer (D'ARAGONA, Luigi de Beer, in "Samnium", 1929, n. 4; DE SIMONE, Benevento dal 1799 al 1849, in "Samnium", 1947, n. 3-4) e dell'entourage del Beer faceva parte il Rossi.

(13) PICCIRILLI, La Carboneria a Guardia Sanframondi, in "Riv. stor. del Sannio", 1919, n. 3.

(14) GRILLI, Per le solenni esequie di tutti i carbonari trapassati, Napoli 1820. Questo raro opuscolo faceva parte della raccolta del dott. Luigi Piccirilli di Guardia, passata poi all'Archivio Provinciale di Benevento.

(15) ZAZO, Gli avvenimenti del 1820-21 in Benevento, in "Samnium", 1952 n. 2-3; Id, Gli antecedenti del 5 luglio 1820 nel ducato di Benevento, in "Samnium", 1954, n. 1-2.

(16) Collezione Mazzacane: foglio sciolto accluso a un Diario di casa Carizzi.

(17) ASN, Alta polizia, fasc. 45.

(18) Ivi.

(19) Fu poi il Biondi medico assai noto in Napoli e scrittore arguto: MAZZEI, Un medico di spirito, in "Domenica del Corriere", 1925, n. 48. Dopo il 1848 fu strettamente sorvegliato, e ancora nel 1853 la sua abitazione, come quella di altri liberali "incapaci di resipiscenza", fu perquisita dalla polizia (ZAZO, il Sannio nella rivoluzione del 1860. I Cacciatori Irpini, Benevento 1927).

(20) Poeta dialettale noto in paese e autore di una poesia in morte di Ferdinando.

(21) Fu poi giudice, avvocato, deputato, presidente del Consiglio provinciale di Benevento.

(22) Collezione Mazzacane. Questa e altre lettere sue, con una dell'Ungaro del 10 aprile diretta al Capuano, nella quale si dà minuto conto della crisi ministeriale, delle trattative per la formazione del nuovo governo, sono state pubblicate, integralmente o per estratto, dal DORIA, La rivoluzione napoletana del 1848 nelle lettere di uno studente, in "Arch. stor: per le prov. nap.", 1926, nella trascrizione da me fatta e donata al Croce per la Società napoletana di storia patria. Riflettono ingenuamente, osserva il Doria, lo stato d'animo, il modo di sentire e di agire, le speranze, lo sconforto della gioventù liberale del 1848.

(23) MELLUSI, Le origini della Provincia di Benevento, Benevento 1911.

(24) Collezione Mazzacane, Corrispondenza del capourbano T. Carizzi.

(25) ASN, Alta polizia, fasc. 62: Rapporto del giudice G.B Ungaro; DE PAOLA, Memoria del 6 giugno 1853, ms. della Collezione Mazzacane.

(26) Rapporto Ungaro cit.

(27) Le due sedi vennero separate con bolla Compertum del 6 luglio 1852. Per la separzione fu redatto atto pubblico per notar Bartolomeo Biondi, protocollo 1853, f. 15.; ROTONDI, Memorie cit.

(28) Sul Jacobelli, che fu anche autore del primo stabilimento balneare di Telese, v. De Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, Trieste 1868; PERUGINI, Il Cavaliere Jacobelli, in "Riv. stor. del Sannio", 1916; MAZZACANE, Ferdinando II a Cerreto, in "Arch. stor. del Sannio Alifano, 1917, n.6.

(29) Vi fu apposta la seguente iscrizione: Ad eterna memoria - del giorno 9 febbraio 1852 - in cui l'Augusto Monarca - Ferdinando II per la prima volta - questi luoghi felicitando - qui fermavasi - e decretava - potersi - costruire il ponte al Torello - doversi - questa strada conservare.

(30) Collezione Mazzacane, Corrispondenza del capourbano cit.

(31) Collezione Mazzacane, Per la colonna innalzata a S.M. Ferdinando II nel Campo dei Marsi in Tenimento di Cerreto, inno ms. di Filippo Iuliani.

(32) ZAZO, Il Sannio nella rivoluzione del 1860 cit.

(33) Collezione Mazzacane, Corrispondenza del capourbano cit. "Attendibili" erano Pasquale Ungaro, Antonio Mastracchio, Raffaele Magnati, Filippo Riccio, Domenico Capuano, Pietro Capuano, Nicola D'Andrea, Vincenzo Gagliardi, il sacerdote Luigi Venditti, Francesco Venditti, Gabriele e Vincenzo Altieri, Giuseppe e Cesare Gagliardi, Antonio e Giambattista Marchitto, Nicola e Domenico Ciaburri. La casa di Giuseppe Biondi, che dal '48 era stata sempre strettamente vigilata, venne perquisita, così come quella di altri liberali, "incapaci di resipiscenza".

(34) ASN, Alta Polizia, Rapporto del sottointendente Viti alla Segreteria di Stato, 29 dic. 1856. V.anche VITI, Sul distretto di Piedimonte d'Alife, Napoli 1857.

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