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Francesco De Sanctis

 (Morra Irpino, oggi Morra De Sanctis, 1817-Napoli 1883). […] Visse a Napoli fin dall'infanzia (1826), allievo di varie scuole private, finché non giunse nello studio di lettere del marchese Basilio Puoti, il più famoso esponente del purismo meridionale e maestro vero ………. Il Puoti teneva gratuitamente non vere e proprie lezioni, ma esercitazioni: benché l'ideale stilistico del Puoti fosse tutto nella letteratura, e specialmente nella prosa, del Trecento e del Cinquecento, con incursioni scarse e gravate da riserve nei secoli più recenti e rigorosa esclusione degli stranieri, e benché la sua analisi fosse meramente formale, intesa non solo alla proprietà ma all'eleganza, la sua opera giovò potentemente a sprovincializzare la cultura napoletana e fu segno, rivoluzionario senza saperlo, di progresso anche civile ……… Entrato nella familiarità del Puoti, il De Sanctis diventò pure suo collaboratore nell'edizione dei Fatti di Enea e nella revisione delle Regole elementari della lingua italtana ………. Intanto egli aveva preso a insegnare nella scuola dello zio paterno don Carlo Maria, che era anche stata la sua prima scuola. Nel 1838 o 1839 cominciò l'insegnamento di lingua e di grammatica agli allievi del Puoti, il quale aveva riservato per sé solo le lezioni di retorica; e il marchese gli procurò anche una cattedra prima alla Scuola militare preparatoria di S. Giovanni a Carbonara (1839), poi al Collegio militare della Nunziatella (1841). Gradatamente il De Sanctis si veniva allontanando dall'osservanza puotiana, e il maestro giunse a chiamarlo "un ribelle". Egli in realtà ritornava alla cultura, pur canticamente appresa, della sua primissima giovmezza: che da un lato era Preromantica, dall'altro filosofica, con una predilezione particolare per Leibniz e larghe letture di illuministi e sensisti. Di qui l'estensione del canone degli autori fino ai contemporanei, in particolare al Manzoni e al Leopardi (che il De Sanctis aveva conosciuto di persona alla scuola del Puoti), e ai maggiori stranieri; e d'altra parte la sistemazione teoretica della dottrina grammaticale e poi della storia letteraria. La sostanza di molti Saggi e della Storia e lo stesso schema generale di questa si trovano impliciti nella prima scuola napoletana. Maturarono allora anche gli interessi politici del De Sanctis, modellati meno su una tradizione familiare (benché due zii paterni avessero avuto parte nella congiura di Morelli e Silvati e fossero stati esuli a Roma fino al 1830) che sulla meditazione dei fatti di Francia. Scolari e maestro parteciparono all'insurrezione liberale del 15-V-1848. Carcerato per due giorni, il De Sanctis collaborò con il nuovo regime, cosa che gli valse, al ritorno della reazione, la sospensione da ogni insegnamento, anche privato. Alla fine del 1849, lasciata la capitale, si recò in Calabria presso un amico politico; ma nel dicembre 1850, compromesso senza colpa da un "riscaldato", fu arrestato e tradotto in Castel dall'Ovo a Napoli. In prigione studiò il tedesco, ciò che gli permise di conoscere direttamente Hegel e gli hegeliani …….. Ottenuto l'esilio, il 3-VIII-1853 s'imbarcò per Malta, di dove avrebbe dovuto raggiungere l'America. Andò invece a Torino, come altri esuli napoletani. Le necessità pratiche lo costrinsero felicemente a una ricca attività giornalistica: felicemente, perché sono questi, usciti nel "Piemonte", nel "Cimento", nella "Rivista contemporanea", ecc., i primi dei famosi saggi critici, in gran parte poi raccolti nel volume che ha questo titolo. E naturalmente il De Sanctis continuava a insegnare, tra l'altro alla scuola femminile della signora Elliot. Ottenne anche il permesso di tenere un corso libero all'università: al corso dantesco del 1854-55, da cui pure uscirono alcuni dei Saggi più popolari, assistette fra gli altri Alessandro D'Ancona. Nel marzo 1856, nominato professore di letteratura italiana al politecnico federale di Zurigo, su proposta del critico d'arte Giovanni Morelli, cominciò un insegnamento durato per nove semestri, fino all'estate del 1860 (non gli riuscì di ottenere la cattedra di Torino). Benché il soggiorno non gli fosse intimamente gradevole, quest'attività, che in parte conosciamo attraverso il più intelligente dei suoi uditori, Vittorio Imbriani, gli permise di svolgere e aggiornare l'antico schema napoletano, particolarmente su Petrarca e su Manzoni, e perciò di preparare immediatamente la Storia. Gli fu inoltre occasione d'importanti incontri: a Zurigo vide Mazzini, conobbe Liszt, Matilde Wesendonck (l'ispiratrice del Tristano, alla quale diede lezioni di lingua) e lo stesso Wagner, frequentò alcuni colleghi quali il Burclrhardt, l'estetico Vischer, il fisiologo Moleschott, ecc. Usò le vacanze universitarie per viaggi in Italia: nell'estate del 1856 ebbe a Belgirate, sul lago Maggiore, un memorabile incontro col Manzonì. Nell'agosto 1860, in seguito all'amnistia promulgata da Francesco II sotto l'incalzare degli avvenimenti, tornò a Napoli, cominciando la sua carriera politica e parlamentare: governatore di Avellino sotto la dittatura di Garibaldi (settembre 1860); direttore della pubblica istruzione (settembre-novembre), ufficio che gli consentì, con coraggiose destituzioni e nomine, di riformare radicalmente l'università di Napoli; deputato al primo parlamento italiano (1861) e poi in tutte le legislature successive, per i collegi di Sessa, Sansevero, Cassino, Lacedonia, Trani; segretario della camera; ministro della pubblica istruzione col Cavour e col suo successore Ricasoli (marzo 1861-marzo 1862), poi altre due volte in governi presieduti da Benedetto Cairoli (marzo-dicembre 1878, novembre 1879-fine 1880); quattro volte vicepresidente della camera, fra il 1869 e il 1879. Il De Sanctis ebbe a definire così il proprio atteggiamento: "Sotto le varie forme della mia esistenza sono stato sempre centro sinistra o sinistra moderata, così in politica come in arte"; e al giornale ch'egli diresse dal 1863 al 1867, prima a Napoli poi nell'allora capitale Firenze, "L'Italia", diede per motto "Né malve né rompicolli". Staccandosi risolutamente da una posizione conservatrice, quale quella dei suoi vecchi amici della Destra (i due Spaventa, l'Imbriani, ecc.), il De Sanctis intese trasformare la rivoluzione in evoluzione, limitandola sulla base dell'esperienza concreta; e perciò la sua iniziativa più rilevante fu il lavoro compiuto sotto i governi della Destra, in collaborazione coi suoi già avversari Rattazzi e Crispi, per la formazione di un'opposizione costituzionale. Peraltro, dopo la caduta della vecchia Destra, combatté il trasformismo a cui restò legato il nome del Depretis, e in una energica campagna di stampa (sul "Diritto", 1877-78) denunciò la corruzione politica fomentata da quest'atteggiamento, di cui vide il maggior rappresentante meridionale nel Nicotera. Come ministro fu fautore dell'insegnamento religioso, benché fermamente anticlericale, e di quello dell'educazione fisica, benchè avverso al culto della forza…. […]

di Gianfranco Contini, da: "G.D.E." UTET, Torino, 1992

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