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ANTONINO MARATEA detto Ciardullo "Capobrigante" CON ALCUNI GREGARI

foto da "Per la storia del brigantaggio nel Napoletano" Edizione Osanna Venosa, 1990

 

Antonino Maratea detto Ciardullo agiva tra le montagne di Avellino, Senerchia, Calabritto, e la piana del Sole, a capo di una banda formata di caprai e contadini. Ciardullo fu sospettato dell'omicidio di Antonio Viviani avvenuto l'8 aprile 1863 a Campagna. Qui c'erano due partiti, entrambi decisi a combattere il nuovo governo, uno dominato dai Castagna e l'altro dal barone Perrotti. Ciardullo respinse le accuse, attribuendo le responsabilità a esponenti dei due partiti, a cui il Viviani era inviso per l'alienazione dei legnami del bosco Polveracchio, e per l'impianto di una fabbrica di maccheroni: depistò le indagini verso Vincenzo Castagna, capo del partito progressista ed in stretti rapporti con i briganti Pasquale Riccio e Pasquale Guarnieri detto Pettolone. Questi fu ucciso da una fucilata sparata dai soldati dietro istigazione del Castagna, che indossava una camicia garibaldina, e che con questa divisa si diede a saccheggiare le case di Valva. Garibaldi, Cialdini, Pallavicini, i nomi degli uomini del Risorgimento cominciavano a circolare anche fra briganti. Da Montoro di Avellino era sceso a Campagna Beniamino Margherita che divenne amministratore dei beni della ricca famiglia Cervone ed era protetto da Ciardullo. Si narrava che Ciardullo avesse indossato la divisa di ufficiale dei Carabinieri ed era entrato in paese su una carrozzella. Recatosi nell'ufficio del Delegato di Pubblica Sicurezza ed aiutato dai compagni, legò i funzionari e andò via. Fu una beffa memorabile. Un'azione del generale Pallavicini pose fine alla banda, i cui componenti furono catturati nel corso di un agguato predisposto da un "collaboratore" o spia; Ciardullo, già catturato il 19 giugno 1859, poi fu arruolato nell'esercito borbonico e mandato in Calabria per resistere a Garibaldi. Con gli sbandati, tornò in paese, e si arruolò nuovamente, questa volta nell'esercito italiano. Collocato in congedo, chiese invano un sussidio al Sindaco. Decise allora di organizzare una campagnia di uomini armati, come avevano fatto altri, e si rintanò sui monti di Senerchia. Iniziò una serie di estorsioni, rapine, furti, sequestri, sevizie, atrocità. Era un omiciattolo dagli occhi fermi, barba bionda, anelli alle dita. La sua donna, Rosaria Rotunno, che lo seguiva armata e in abito maschile benché incinta, fu arrestata nel marzo 1864. Il bottino di Ciardullo, al momento dell'arresto, era di 553.000. lire. Il Tribunale di guerra di Salerno lo condannò alla pena di morte con fucilazione alla schiena con sentenza del 30 novembre 1865, sentenza eseguita in Campagna il 1 Dicembre 1865. Molti a altri briganti furono condannati con quella sentenza.

da: G. De Matteo "Brigantaggio e Risorgimento - leggittimisti e briganti tra i Borbone e i Savoia"" A. Guida Editore, Napoli, 2000

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