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"Storie di galantuomini, briganti
e soldati dal 1860"

ricerche storiche di:

Vincenzo Perretti

CAPITOLO VI

Don Pasquale Vietri, il già citato Giudice del Circondario di San Mauro, è costretto, dalle relazioni del Garruto alias Passaguai che ormai confida nei verbali di polizia anche più di quanto gli viene richiesto, ad aprire una nuova indagine, che questa volta coinvolge direttamente una famiglia di "galantuomini" suoi compaesani, ovvero i coniugi Moles. Racconta infatti il Garruto che don Angelo Moles, (uno dei due ricattati) quando gli versò le cento piastre volle a lui regalare sette meno un tari, e poscia giunse a dirgli che, se lo avesse fatto parlare al capo brigante, ed avesse escogitato il modo come fare da costui per sacrificare don Rocco Magnante, avrebbe a lui dato quattro cento piastre, e qualunque altro compenso (....) ed il germano, Francesco Moles, fece la promessa di dargli tre o quattrocento some o grano, ma da soli a soli, esprimendosi così: "Che piacere avremmo, se ci potessimo levare da vicino questo cane rabbioso, è una mosca per noi assai molesta ". A questo punto prudenza avrebbe dovuto suggerire al Giudice di non proseguire oltre, nell'impicciarsi di fatti delicati tra famiglie molto note nell'ambiente; eppure, cosa rara per quei tempi, don Pasquale Vietri invia una "chiamata legale" all'indirizzo di don Rocco Magnante avvocato da Garaguso di anni 34, per accertare se Domenico Garruto avesse mentito o meno e se il Serravalle fosse implicato nella faccenda. L'avvocato Magnante si reca innanzi al Giudice e gli dichiara di essere a conoscenza che il Capo Urbano di Garaguso, Angelo Moles, " faceva di tutto per avvicinarsi a Paolo Serravalle onde farlo uccidere ". E poi avanza più di una spiegazione per chiarire tale atteggiamento; innanzitutto egli stesso, da legale, aveva più di una volta " assunto difesa civile penale contro Pancrazio Mazzone, suocero del Moles. Dolente questi di trovare in lui un ostacolo, lo minacciò di uccidere e gli otto di maggio 1844 cercò compiere l'iniquio disegno, mercè due individui, che fece appostare nel Boscone di Garaguso, per tirargli delle fucilate". E c'è altro ancora nella storia del Magnante: "nel 1853, a seguito di un'altra causa sostenuta contro il Mazzone, e da questi perduta, il genero Moles fece venire da Tricarico, tre o quattro anni dietro, un sicario per togliergli la vita e lo tenevano nascosto per più giorni in casa inutilmente, mentre non avendogli voluto anticipare il prezzo dell'opera in ducati 250, se ne partì". E infine l'avvocato Magnante riferisce un altro fatto di ruggine tra le due famiglie: " In aprile ultimo, il dichiarante comprò da don Giovanni Abbatangelo una vostra tenuta al Morrone, pretesa dal Moles, perchè circoscrive in tutti i punti la sua masseria. In quella occasione ", continua il Magnante, "il suo nemico Moles giurò disfarsi del dichiarante, come gli riferì in sua casa Francesco Distasi, da solo a solo". Nel concludere la deposizione, l'avvocato Magnante confida al Giudice che, temendo sia il brigante (al quale non sappiamo se, in definitiva, ha pagato le cento piastre richieste) sia i fratelli Moles, da parecchi giorni se ne sta chiuso in casa con tutta la famiglia; infine, lancia l'ultima frecciata contro il suo nemico, Angelo Moles, che essendo Capo Urbano, avrebbe dovuto essere il primo tutore della legge:" il servizio urbano, prima attivo, si raffreddò, fino a chiudersi il posto di guardia. Il Serravalle si aggira tranquillamente nei soliti posti (....) come potranno deporre Maria Solimando e Leonardo DeSimone, il quale anche vide il Serravalle nello spezzone di guardiola lorda, poco lungi dalla masseria dei Moles". Il Giudice Vietri, a questo punto, si convince di trovarsi in presenza di reato, e apre un procedimento a carico di tutta la famiglia Moles ed i loro complici; purtroppo non conosciamo l'esito di quest'altra vicenda.

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