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 E SE QUELLO FU UN RISORGIMENTO.........

di: Carmine Colacino, Alfonso Grasso, Andrea Moletta, Antonio Pagano, Giuseppe Ressa, Alessandro Romano, Maria Russo, Marina Salvadore, Maria Sarcinelli - tratto dal libro "La Storia Proibita" edito da Controcorrente

 

L'oleografia risorgimentale non ha fatto eccezione alla regola che ha spesso preteso, nella storiografia ufficiale di molte nazioni, il sacrificio della verità. I piú penalizzati sono stati i popoli del Sud e quell'antico Stato, il Regno delle Due Sicilie, di cui si è detto tutto il male possibile, anche per glorificare e giustificare il processo risorgimentale. Il lettore non ce ne voglia se tentiamo di mettere in discussione nozioni e schemi consolidati con le loro rassicuranti "verità". Ma lo sono veramente ? Abbiamo tutti bisogno di ideali e fa bene all’anima credere che l’unità d’Italia sia stata il risultato del "comune sentire " dei padri della Patria e della popolazione tutta. D’altra parte una persona dotata di una mente intellettualmente onesta deve essere disposta a guardare con obiettività i fatti anche se questo può turbarla profondamente. Cominciamo con il ricordare che per "Risorgimento" s'intende l'insieme di avvenimenti, di personaggi e di movimenti ideologici che sono sfociati nell'instaurazione di uno stato unitario italiano. A distanza di 140 anni la vicenda è tuttora intrisa di retorica : i Piemontesi prima ed il fascismo poi , profusero ogni sforzo per ammantarla di un'aureola di legalità, di modernità, di univocità. Ancora oggi si è portati a credere distrattamente che i carbonari, Mazzini, Garibaldi, Cavour ed i Savoia, avessero tutti la stessa idea di unità e che questa fosse un valore agognato dai popoli italiani ; in realtà sarebbe meglio parlare di fattori concomitanti, ma in contrasto assai acuto tra di loro. Di tutte le istanze che furono collegate al Risorgimento, ben poche hanno trovato soddisfazione: i mazziniani non ebbero né la repubblica né la democrazia del suffragio popolare, Garibaldi ebbe piazze e monumenti dedicati ma anche Caprera e l’Aspromonte, i Siciliani non ebbero l'autonomia se non alla dissoluzione della monarchia sabauda; gli inglesi non ebbero né la Sicilia né il libero commercio delle merci, perché travolgenti crisi finanziarie e le spese per gli armamenti a seguito della unificazione della Germania, portarono a intense guerre commerciali ed a un lungo periodo di protezionismo economico. Il Risorgimento purtroppo si concluse solo con un mero ingrandimento del Regno di Sardegna e in questo senso lo interpretarono i Savoia, il loro piccolo regno si espanse a macchia d’olio acquisendo territori che essi trattarono come terra di conquista, specialmente il Sud. Essi misero a disposizione la forza militare strumentalizzando a loro esclusivo vantaggio l’ideale unitario e gli uomini che lo perseguivano. Con la loro aggressione agli altri stati preunitari calpestarono tranquillamente il diritto internazionale e, quel che più conta, il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Il meridione non aveva nessuna intenzione di unirsi agli altri stati preunitari e manifesto’ questo suo dissenso con una rivolta’ decennale contraddicendo, con decine di migliaia di vittime, i plebisciti farsa definiti invece dai nuovi conquistatori "suffragio unanime". Lo statuto, le leggi civili, penali e l'organizzazione burocratica ed amministrativa piemontesi furono estesi immediatamente a tutta l'Italia, pur non essendo le migliori in assoluto ed in tutti i campi. Vittorio Emanuele II non ritenne opportuno mutare la numerazione dinastica quando assunse il titolo di re d'Italia e mantenne Torino capitale, impossessandosi delle cospicue riserve finanziarie delle Due Sicilie che da sole costituirono i 2\3 del patrimonio nazionale. Insomma si può ben dire che l’unità d’Italia fu fatta col sangue e con il denaro del Sud e quel che è peggio, come vedremo, contro il Sud. Infatti l’asse economico della nuova Italia fu spostato al Nord e questo causo’ la diaspora di milioni di meridionali che conobbero un fenomeno assolutamente sconosciuto prima dell’unita’: l’emigrazione. "Tra il 1859 ed il 1861 gli stati italiani furono trasformati in uno solo attraverso una rivoluzione favorita da Francia ed Inghilterra. Gli altri stati europei assistettero piú o meno impassibili alla distruzione degli antichi governi e riconobbero la "rivoluzione" italiana come fatto compiuto. Il processo di formazione del nuovo regno non avvenne in modo naturale: non fu un processo di unità, ma di unificazione all’insegna dell’annessione, in altre parole uno stato agí in forma egemonica sugli altri. Si declassarono le antiche capitali a sedi di prefettura e si creò un Piemonte allungato, con Torino capitale. Senza perseguire i veri interessi, senza vagliare la vera condizione ed i reali bisogni delle diverse popolazioni, che fino ad allora avevano vissuto come separati stati, si reputò opportuno che il Piemonte organizzasse l’Italia intera e si imposero a tutti i popoli italiani la costituzione, le leggi, le istituzioni pubbliche, il sistema finanziario piemontese. Iniziò una politica fortemente negativa del Piemonte a danno del Meridione, molte verità vennero nascoste dai nuovi governanti; i mali vennero attribuiti ai passati governi del Sud e si stimò necessaria la cura sistematica del ferro e del fuoco; nacque, in breve la mai risolta questione meridionale". I Savoia ebbero quindi il Regno d'Italia, ma lo persero ingloriosamente in appena ottanta anni (per una incredibile nemesi storica l'ultimo Savoia, Umberto II, partí da Napoli per l'esilio dalla stessa scala d'imbarco usata da Francesco II di Borbone, primo emigrante duosiciliano). La fallimentare politica sabauda postunitaria partorì anche gli stati d’assedio (piú di dieci in quaranta anni), le leggi speciali, le patetiche guerre coloniali, la prima guerra mondiale, il fascismo, la seconda guerra. Passiamo ora a considerare i padri della Patria, lascia sgomenti leggere i loro carteggi nei quali essi rivelano una vicendevole ostilità che contraddice drammaticamente l’idea scolastica di una reciproca stima ed affezione. Riportiamo solo alcuni esempi: Il Cavour cosí rispose al Farini che lo invitava a venire a Napoli dopo la conquista: "Il Re non mi ama ed è geloso di me, mi sopporta ministro, ma è lieto quando non mi ha al fianco; dal canto mio mentirei se vi dicessi aver dimenticato che il giorno in cui il Re entrava nel palazzo Pitti, esso lungi dal rivolgermi una sola parola di ringraziamento, mi disse cose villane e dure, che dette da altri che da un re, ci avrebbero condotti sul terreno….come uomo desidero da lui un solo favore, il rimanerne il piú possibile distante". La lettera del 1° Agosto del 1860 scritta dal Cavour al Nigra: "Se Garibaldi passa sul continente e si impadronisce del Regno di Napoli, diventerà lui il padrone assoluto della situazione, il re Vittorio perde a questo punto quasi tutto il suo prestigio". Le richieste di Garibaldi a Vittorio Emanuele perché liquidasse il Cavour il quale peraltro affermava: "Garibaldi è il piú fiero nemico che io abbia". Quello che il Mazzini scrisse al Cavour "Signore io vi sapevo, da lungo tempo, tenero alla monarchia piemontese piú assai che della patria comune; adoratore materialista del fatto piú che di ogni santo, eterno principio… perciò se io prima non vi amavo, ora vi sprezzo, eravate finora soltanto nemico, ora siete bassamente, indecorosamente nemico..". Per poi inquadrare la personalità del re sabaudo ricordiamo il messaggio che scrisse nel Gennaio 1860 a Francesco II di Borbone: "La Casa Savoia non è mossa da fini ambiziosi o da brama di signoreggiare l’Italia ……lungi dal volere e dal desiderare che sia turbato alla reale casa di Napoli il pacifico possesso degli Stati che le appartengono ……. non sarebbe migliore salvaguardia dell’indipendenza d’Italia che il buon accordo fra i due maggiori potentati di essa". Pochi mesi dopo appoggiò la spedizione dei Mille, invase lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie violando qualsiasi diritto internazionale. Quanto siamo lontani dalla oleografia risorgimentale cosí ben studiata sui libri di scuola ! Quando però si fanno presenti queste anomalie, sembra che prevalga l’atteggiamento di chi dice: "Sí, va bene, sarà anche vero che il processo unitario è stato pieno di contraddizioni e di nefandezze ma comunque si raggiunse lo scopo", che è un pò come dire: "Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce d’o passato!". I Meridionali però sono quelli che hanno dato molto e avuto poco, come si vedrà piú avanti, contrariamente alla "leggenda che tuttora persiste la quale vuole che i mali endemici del Sud derivino dal malgoverno borbonico, che avrebbe oscurato la ragione ed il progresso. Si disse anche dopo l’unificazione che l’unica risorsa del Sud era l’agricoltura, condotta però con metodi e con sistemi superati". Torniamo allora al processo risorgimentale e di esso distinguiamo i due diversi momenti: quello pre-unitario e quello post-unitario. Il primo consistette nella creazione di un'idea di nazione italiana, patrimonio di pochi pensatori, da trasformare in stato con tutti i mezzi leciti e illeciti. Il secondo vide la creazione del mito dei Savoia e l’organizzazione, di necessità, di una "storia d'Italia", là dove vi erano storie secolari diverse di Stati autonomi le cui vicende, usi e costumi, erano spesso discordanti se non conflittuali; bisogna risalire al 565, sotto Giustiniano, per avere in Italia un governo unico, da allora ci furono 1300 anni di divisioni. In effetti l’Italia era a quell’epoca come una cesta di frutti diversi e, invece di unirli rispettandone gli specifici sapori, se ne fece un frullato a gusto piemontese. La popolazione delle Due Sicilie chiamava "forestieri" gli altri abitanti d’Italia; i piemontesi, quando si spostavano dal loro stato dicevano che stavano andando "in Italia". Non esisteva una economia integrata italiana, non esisteva una lingua comune, gli italiani italofoni nel 1861 erano solo una sparuta minoranza, tutti si esprimevano nel proprio dialetto; la gran parte dei Piemontesi parlava addirittura una lingua straniera come il francese. Pertanto anche tra gli uomini di pensiero e d’azione, che si battevano per l’unità a tutti i costi, ci furono alcuni che si resero conto della necessità di costituire uno stato federale. Ascoltiamo ciò che uno di essi ebbe a dire: "L’Italia, tutto al contrario della Francia, è divisa in molti stati da parecchi secoli; stati diversi di costumi, di massime, di dialetto, d’interessi; stati che nutrono (mi rincresce dirlo!) vicendevolmente un’avversione gli uni degli altri. Ora il voler riunire questi stati ad un tratto con una rigenerazione politica in un solo governo, in un solo stato, con una sola costituzione, è lo stesso che cercare il moto perpetuo o la pietra filosofale. Non si può distruggere in pochi giorni, e modificar subito diversamente l’opera di molti secoli, avvalorata dall’abitudine di tante generazioni, senza guerra tra popoli e popoli, senza spargimento di sangue, senz’anarchia. Andiamo per grado, e noi otterremo il nostro gran fine con poco disturbo, e col minimo possibile di disordini. La guerra a morte sia solo contro i birbanti coronati, contro gli assassini dei popoli. Si risparmino i popoli e si cerchi di avvicinarli, ma gradatamente, al comune interesse, alla generale felicità". È significativo che oggi, dopo 140 anni di unità, si riparli di federalismo che probabilmente era la soluzione piú giusta, allora come oggi. Noi ora esamineremo l'Antico Stato la cui storia cominciò nel lontano 1130 con Ruggero II. Il regno durò 730 anni ed i suoi confini rimasero praticamente invariati (con le sue 1000 " città", come da censimento del 1748, molte delle quali di origine greca). Il Sud vide cosí l'inizio di una storia propria che, se fu anche storia italiana ed europea, certamente è l’unica che davvero appartiene ai Meridionali. Le dinastie che si susseguirono ebbero origini straniere e questo avvenne per l'oggettiva incapacità di generare una dinastia propria; ma occorre sottolineare che questi sovrani divennero in breve dei Meridionali a tutti gli effetti, assumendone la lingua e le usanze.

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