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IL BRIGANTAGGIO E LA QUESTIONE MERIDIONALE

L'ITALIA AGRICOLA

 di Stafano Jacini

da: "I risultati dell'inchiesta agraria" - Roma, 1885

Ci toccò in sorte di veder, rapidamente e senza contrasti, sparire e fondersi in unità amministrativa i diversi corpi politici che tenevano divisa la nostra patria; e in pari tempo le industrie ed i commerci, agili di loro natura e sempre pronti alle trasformazioni, adattarsi alle nuove condizioni del Paese create da quell'avvenimento politico, ed anzi riceverne potente impulso; e così ordinarsi completamente, nell'Italia unificata, una corrispondente Italia commerciale ed una corrispondente Italia industriale.

Ma invano cercheremmo, dopo un quarto di secolo dacché fu proclamata l'unità politica, una vera ed obiettiva Italia agricola. Noi abbiamo ancora parecchie Italie agricole differenti fra loro, non solo per produzioni, il che si verificherà sempre, ma anche perché conservano presso a poco ciascuna la medesima forma, la medesima fisionomia, la medesima intonazione che gli ordini politici, amministrativi, sociali da cui uscirono in altri tempi, hanno rispettivamente infuso ed impresso in loro, sebbene quegli ordinamenti siano scomparsi. L'economia rurale risente tutt'oggi dell'influenza di condizioni economiche di cui non rimane più traccia. L'anacronismo è flagrante. La denominazione di Italia agricola è quindi usata da noi solo per designare il nostro Paese in quanto è dedito all'economia rurale. Non per questo si può dire che l'Italia agricola, presa in questo ultimo senso, sia rimasta impassibile dinanzi al mutamento politico ed amministrativo di cui essa pure dovette subire le conseguenze. La soppressione delle barriere doganali, che tenevano separate le diverse famiglie del popolo italiano, gli scambi moltiplicatisi fra le varie parti d'Italia, le nuove vie di comunicazione aperte su larga scala, e soprattutto il contraccolpo della profonda alterazione operatasi nel mercato mondiale delle derrate agrarie, dovevano intaccare, e indubbiamente intaccarono i capisaldi di quei vecchi organismi agricoli. Un cambiamento si andò operando istintivamente anche nella economia rurale di tutte le province italiane, con tendenze manifeste di progresso le quali, in una certa misura, furono anche tradotte in fatto. Attualmente però l'Italia agricola sente la necessità che quegli organismi ormai scompaginati vengano ricostituiti sopra basi meglio armonizzate col nuovo ordine di cose e col nuovo indirizzo delle idee. Ma tale ricostituzione non è cosa agevole a compiersi, giacché gli organismi sopravvissuti, sebbene logori, le oppongono una forza di resistenza ben altrimenti formidabile che non sia stata quella che l'Italia politica, l'Italia commerciale e l'Italia industriale incontrarono sulle loro vie. Piegante sotto il peso delle eredità svariatissime di un passato così diverso dal presente ed in pari tempo incalzata da problemi dell'avvenire: ecco come ci appare atteggiata l'odierna Italia agricola... Relativamente ai lavoratori del suolo, ciò che si può dire è che la storia loro non potrebbe essere più triste in Italia. Schiavi la maggior parte durante l'Impero Romano, poi servi della gleba, poi liberati ma resi soggetti ad ogni specie di angheria, di soprusi, di tirannie dei signorotti di campagna fin presso ai nostri giorni. Quindi, miseri civilmente e fisicamente, l'inferiorità civile li aiutava a sopportare la miseria fisica; ma oggi, l'eguaglianza in faccia alla legge, la partecipazione a cui furono chiamati nel fondare lo Stato e nel difendere la patria, l'indirizzo delle idee dominanti hanno svegliato in loro l'aspirazione ad essere qualche cosa. Le classi dirigenti li hanno sempre trascurati e giammai considerati per quello che sono. Ora, che una questione sociale vi sia in Europa e quindi anche in Italia, se sotto a questo nome si deve intendere il desiderio più vivo di prima delle classi non abbienti di star meglio, sarebbe impossibile negarlo. Però questa questione non è speciale alla campagna; essa comprende tutte le classi che lavorano nelle città e nelle campagne. Soltanto il lavoro nelle campagne prende diversissime, talune somiglianti, tali altre dissimili a quelle della città e, generalmente parlando, è meno retribuito; quindi presenta un maggior numero di casi di vero pauperismo. Ma la vera differenza tra le classi cittadine e le classi rurali che lavorano consiste non già in una maggiore o minore somiglianza o dissomiglianza delle forme del lavoro, bensì in questo che alle prime si è provveduto e si sta provvedendo, creando in loro favore un ambiente favorevole in cui si possa svolgere il lavoro che prestano, la retribuzione del quale viene determinata secondo la legge della ricerca e della offerta, mentre alle altre non si è punto pensato di provvedere.

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