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Brigantaggio del Matese

da: " Dai Sanniti all'Esercito Italiano" - Stato Maggiore Esercito " di: Flavio Russo

1866: il ritorno di fiamma

Il 20 giugno 1866, esauriti i minuziosi preparativi necessari alla mobilitazione ed all'adunata del nuovo poderoso esercito nazionale, 1'Italia in adempimento alle clausole della sua alleanza con la Prussia dichiarava guerra alI'Austria, avviando quella che sarebbe passata alla Storia come "Seconda guerra per l'unità d'ltalia. Abbiamo già accennato tratteggiando il 1865 alle difficoltà economiche che affliggevano il Governo, e di come per loro causa fu necessario risolversi ad una riduzione degli organici dell'Esercito: pertanto al momento della nostra entrata in guerra "poté scendere in campo soltanto con 220.000 uomini, 37.000 cavalli e 456 cannoni", su di una forza complessiva stimata di oltre 310.000 uomini, 42.000 cavalli e 536 cannoni. La rilevante massa fu suddivisa in due armate asimmetriche, delle quali nominalmente fu designato capo di Stato Maggiore il gen. La Marmora, che in pratica però comandava esclusivamente la prima, destinata ad operare sul Mincio. Essa era formata dallO C.d.A. (gen Durando), dal 110 C.d.A. (gen. Cucchiari) e dal 111° C.d.A. (gen. Della Rocca), tutti su quattro divisioni per un totale di 216 battaglioni, 101.660 soldati, 62 squadroni, 7.074 cavalli e 47 batterie e 282 pezzi. La seconda, destinata invece ad operare sul basso Po, agli ordini del generale Cialdini, comprendeva raggruppate nel 1VO C.d.A., ben otto divisioni per un totale di 144 battaglioni, 63.795 soldati , 30 squadroni, 3.503 cavalli, e 37 batterie, 354 pezzi. L 'afflusso dei richiamati presso i depositi dei Corpi avvenne con encomiabile regolarità ed in maniera pressoché compatta: al 30 settembre dello stesso anno risultavano renitenti e quindi disertori latitanti soltanto 2092 individui, dalla intuibile localizzazione. Tralasciando di addentrarci nelle vicende specifiche di quella infelice campagna (dove congiurò al negativo esito la non ancora conseguita amalgamazione dei capi, incapaci tra l'altro di superare gli antagonismi professionali e i protagonismi da avanspettacolo), ci preme invece sottolineare che l'importante appuntamento storico concentrando l'esercito nella sua quasi totalità sui confini con l'Austria, ne sguarnì fin troppo il Mezzogiorno, consegnandolo in balia delle bande immediatamente ringalluzzitesi e rimpinguatesi, con la risibile quanto unica protezione della Guardia Nazionale. A titolo di raffronto basti ricordare che dai 90.000 uomini impegnati nella repressione del '63, con punte di 120.000 nel '64, si scese ai 40.000 del '65 per piombare a circa 15.000 nel '66 con conseguenze facilmente immaginabili. La preoccupante recrudescenza del brigantaggio nell'alta Terra di Lavoro fu denunciata alla Camera il 5 marzo 1866, dalle interpellanze dei deputati Pulce (Sessa Aurunca) e Polsinelli (Sora). Chiamati direttamente in causa, replicarono i ministri dell'Interno Chiaves, e della Guerra, generale Di Pettinego e lo stesso presidente del Consiglio, La Marmora."100. Per molti versi sembrava essersi ricreata la situazione del '63, ed i reati contro le persone ed il patrimonio ostentarono un brusco incremento. Tentando di incentivare la ormai languente collaborazione popolare, così difficilmente coltivata fino ad allora, si moltiplicarono e gonfiarono le taglie:

IL SOTTOPREFETTO DEL CIRCONDARIO DI CERROTO SANNIT A NOTIFICA

Che la deputazione Provinciale pel Brigantaggio ha assegnato per ciascuno dei due briganti Cosimo Giordano e Vincenzo Lodovico alias Peluchiello un premio di lire Tremila a coloro che ne assicurassero l'arresto od in qualsiasi altro modo la consegnazione alla giustizia.

Cerreto Sannita 20 settembre 1866

Il sotto-prefetto Pennacchio

Nonostante ciò il clima permase critico ed esplosivo e la modestissima presenza militare non poté in alcun modo alterarlo.Il Ministero degli Interni inutilmente martellava i vari prefetti e delegati spronandoli ad una utopistica risoluzione decisiva del problema, giungendo addirittura a minacciarli, e di ciò troviamo un'eco attendibile nella corrispondenza d'ufficio tra i suoi funzionari: " .il Ministero dello Interno con nota del primo corrente mese, dichiara ai Prefetti delle Provincie Meridionali e in termini più formali e decisi che non si era fatto per lo addietro, esser suo intendimento che tutti i loro sforzi debbano principalmente indirizzarsi a finirla del tutto col brigantaggio, e ridonare a queste popolazioni la sicurezza delle persone e delle cose. Riflette il Ministero che quantunque il nerbo principale della milizia fosse ancora raccolta nei campi Veneti, nulladimeno rimane in questa provincia tal quantità di agenti della forza pubblica, e possono le Autorità Politiche organizzare tali altri mezzi straordinari di forza che la repressione dei briganti, sempre che si voglia può essere sicura e spiega che qualora la milizia regolare, di presente stanziata nelle diverse provincie non si credesse bastevole, esso Ministero, al primo rapporto, o meglio alla prima segnalazione telegrafica entrerà in pratiche col Ministero della Guerra onde trovar modo di aumentarla. Premesse cotali dichiarazioni ed operazioni il Ministero proclama che i Prefetti saranno d'ora in poi personalmente responsabili della continuazione del brigantaggio, perciò che quando il Governo ha messo a loro disposizione tutto ciò che occorre a combattere e distruggere i briganti, se questo non si ottiene è da presumere che non siasi saputo usare convenientemente de' mezzi opportuni". I successi indubbiamente significativi che nell'autunno inoltrato fecero registrare le pur scarse truppe, non valsero a soffocare le estreme illusioni dei briganti, consci della eccezionalità del momento loro propizio. Essi pertanto scatenarono il tutto per tutto sul Matese, coadiuvati dal repentino acuirsi della miseria delle popolazioni rurali, accentuata dagli immancabili oneri sociali ed economici della guerra, che ne riproponeva se non la connivenza almeno la neutralità. Per quell'anno quindi mancò persino la consueta pausa invernale: fu perciò un duro richiamo alla realtà che si abbatte sulle autorità competenti.

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