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Brigantaggio del Matese

da: " Dai Sanniti all'Esercito Italiano" - Stato Maggiore Esercito " di: Flavio Russo

1865: il cerchio si stringe

Come già manifestatosi tendenzialmente verso la fine del '64, l'indefessa attività repressiva del Pallavicini sconvolse le trame brigantesche che avviluppavano il Matese, restringendole e costringen­dole al solo impervio settore tirrenico, obbligando per giunta molte bande e capi a rifugiarsi nuova­mente nello Stato Pontificio. Tuttavia il loro riversarsi nei territori della Chiesa non avveniva più per esclusivi motivi d'asilo ma, in maniera crescente, per estrinsecarvi grazie alla minore sorveglianza le abituali azioni criminose. Le conseguenti recriminazioni circa la troppo indiscriminata ospitalità, peraltro non sorretta dalla ormai fallimentare politica legittimista, non tardarono ad esplodere. I risultati del resto erano palesi: dal 1865 al 1870 un grosso brigantaggio imperversò nella parte meridionale dello Stato Pontificio, la Ciociaria, con bande che operavano a cavallo della frontiera. La gendarmeria papale, gli "squadriglieri" indigeni e, dopo Mentana, le stesse truppe francesi, condussero una sanguinosa ma contrastata repressione. Il fenomeno divenne tanto preoccupante da indurre le autorità pontificie a sti­pulare con quelle italiane, malgrado la perdurante ostilità ufficiale, una convenzione militare (Cassino, febbraio 1867) per concordare le azioni repressive sui due Iati del confine. Si trattava in definitiva del logico sviluppo di una premessa caratterizzata dalla connivenza nei confronti del brigantaggio, elargita in maniera acritica ed ottusa: naturalmente, la polizia pontificia adopera tutte le scaltrezze immaginabili, perché manchino le prove dirette e giuridiche della sua connivenza con i masnadieri. Le astuzie però, le cautele, le accortezze sono tradite dai fatti. Le bande si organizzano sul territorio romano senza molestia di sorta alcuna. Le provincie di Frosinone e di Velletri sono quelle dove più d'ordinario le bande si formano; nessuno dei contadini di quelle due provincie vi prende parte; sono avventurieri forestieri, oppure malviventi e miserabili provenienti dalle provincie napoletane. La polizia pontificia non ha occhi per vedere questi apparati di guerra, e li lascia compiere tranquillamente senza arrecare ad essi il più lieve disturbo. Così almeno nei primi anni post-unitari. Nel '65 però essendosi resa insostenibile la tracotanza dei briganti ed imperversando la loro efferatezza, si impose la citata convenzione militare di Cassino, così enunciante:

Art. I Il concorso delle truppe e degli agenti di pubblica sicurezza dei due Stati, contro il brigantaggio, potrà estendersi, dietro accordi preventivi, dai comandanti militari delle due frontiere fino alla traslimitazione reciproca delle truppe oltre i confini politici dei due Stati, ma questa facoltà sarà circoscritta nel modo qui assegnato. Ammettere lo sconfinamento reciproco in caso di persecuzione di brigantaggio, fino a giungere nei versanti dei monti e da arrestarsi in modo da non oltrepassare il paese, né troppo arrestarsi ai medesimi.

Art. 2 Durante l'operazione militare dello sconfinamento di briganti che cadessero nelle mani delle truppe saranno da quest'ultime custoditi, e trasmessi regolarmente all'autorità militare di quello Stato in cui furono arrestati, e per far ciò verrà dal comandante le truppe che li custodisce inviato avviso al più prossimo comandante militare onde spedisca a prenderli.

Art. 3 Le truppe che avranno sconfinato rientreranno nei propri confini, appena cessato il bisogno della persecuzione in comune. La loro permanenza in zona delineata all'articolo primo e occorrendo anche al di là di questo limite, non potrà aver luogo se non dietro richiesta formale e per iscritto del Comandante delle operazioni militari del di cui distretto avrebbe luogo lo sconfinamento.

Art. 4 Le truppe che avranno sconfinato nelle due zone saranno, durante la loro permanenza mantenute per conto del governo rispettivo, però i due Comandanti militari della doppia zona promettono di darsi a questo riguardo ogni aiuto e facilitazione che i casi possono richiedere, ben inteso, salvo il rimborso delle spese.

Art. 5 Si promettono le due autorità firmanti il presente accordo di abbassare ordini e disporre presso li propri dipendenti onde ognuno da parte loro si dia premura parteciparsi reciprocamente tutte le notizie riguardanti briganti e brigantaggio e somministrarvi le guide necessarie ed ecc., ed infine non obliar nessun dettaglio che possa interessare il più attivo e prossimo servizio contro il brigantaggio.

Art. 6 Per quei soli casi che avvenga uno sconfinamento di truppe regolari per il suddetto servizio, potranno le squadriglie borghesi, sia da una parte che dall'altra coadiuvare il movimento d'operazione, sempre che siano capitanate e guidate in unione a gendarmi pontifici o di Reali cara­binieri odi truppe regolari si da una parte che dall'altra.

Il suddetto accordo ha pieno vigore dalla data in cui qui sotto apposte le singole firme dei Comandanti militari.

Cassino 24 febbraio 1865

Il Maggiore Comandante la 2 a suddivisione della gendarmeria della provincia di Frosinone;

Il Maggior Generale Comandante la 1 a zona militare di Cassino.

Disgraziatamente il ritardo con cui si raggiunse tale valida disposizione non consentì pronti riscontri di funzionalità, tant'è che proprio in quegli stessi mesi si individuavano e notificavano con allarmante frequenza delle precise linee itinerarie percorse con invariata assiduità dai briganti, che si spostavano dal Matese allo Stato Pontificio, come ci certifica ad esempio la riservata n o 1539 del 14 agosto 1865 indirizzata al Prefetto di Caserta da parte di quello di Benevento:

". ..Da recenti informazioni assunte presso l'Ufficio di S.P.in Cerreto, risulterebbe che i briganti i quali dal Cerretano si recano a Roma, e viceversa, tengono ordinariamente la stradale del Matese per la contrada della Chiana rasente il lago e precisamente ove stavano accasermati i gendarmi borbonici; salgono quindi una montagna ove si trova una fontana fabbricata per abbeverare le bestie, e vanno a far riposo presso un pecoraio sul monte detto Rotondo nel Circondario di Sora di proprietà di un barone dimorante in Roma: passano il ponte detto di venticinque archi ed il fiume di Sora in vicinanza di San Vittore, e si fermano a Pietra di Campo sopra S. Francesco, territorio pontificio, dove lasciano le armi presso un massaro chiamato Antonio, dal quale le riprendono volendo ripercorrere la via pel Cerretano. Di tali notizie compio il dovere di mettere in conoscenza la S .V. lIl.ma, per 1'uso che stimerà fare in occasioni d 'istruzioni o provvedimenti per la repressione del brigantaggio.

Il Prefetto.

Una serie di concause tuttavia ridusse notevolmente il livello di sorveglianza alla frontiera fra i due stati, accentuando sensibilmente il deleterio andazzo. Come se non bastasse in quel '65 per necessità economiche si dovette operare una riduzione degli organici dell'Esercito con ovvie conseguenze. Sembrava di essere per molti versi ripiombati ai livelli dei primi anni post-unitari almeno relativamente alle bande operanti sul confine. Espliciti documenti dell'epoca stigmatizzano pertanto il perdurare della connivenza, od il suo proporsi ad onta di tutti gli accordi, e tra questi ne trascriviamo due per la loro rilevanza:

PREFETTURA DI TERRA DI LAVORO

Telegramma circolare spedito alle Autorità e Comandanti Guardia Nazionale e Carabinieri Reali della Provincia.

Bande di ladroni infami dirette dal territorio ancora soggetto Governo papale infestano nuovamente e coprono di misfatti nostra bella Provincia. Ma è tempo che tresca esacranda sia finita. Dove Guardia Nazionale comprende nobile missione non possono sussistere malfattori campagna: Guardia Nazionale Terra Lavoro non sarà seconda nessuna comprendere soddisfare sacri diritti più sacri doveri. Difenda suo territorio quella di ogni Comune; avvisi Autorità, forze, popolazioni vicine di ogni imminente pericolo. Ai ladroni, ai loro fautori, ai manutengoli è delitto lasciare più scampo. Guerra implacabile e sterminio! Governo veglierà senza posa; sosterrà e premierà con larghezza sforzi generosi; punirà esemplarmente malvagi.

Il presente sarà pubblicato in tutta la Provincia.

Caserta 1° maggio 1865 Il Prefetto De Ferrari

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IL SOTTOPREFETTO DEL CIRCONDARIO D'ISERNIA

Veduta la ordinanza pubblicata dal Signor Prefetto della Provincia di Terra di Lavoro adì 14 Maggio cadente mese, con la quale, ritenendosi che il territorio di quella Provincia nuovamente è infestato da parecchie bande di ladroni, si decretano vari provvedimenti nello interesse della pub­blica sicurezza e per ottenere l'estirpazione del brigantaggio.

Veduto il telegramma del Sig. Prefetto della Provincia di Molise in data d'oggi, con cui autorizza che una ordinanza contenente provvedimenti analoghi a quelli decretati dal Sig. Prefetto di Terra di lavoro sia pubblicata in tutt'i Comuni di questo Circondario, i quali sono esposti alle scorrerie delle stesse bande che infestano la Provincia vicina.

Veduto l'articolo 120 della legge di P. Sicurezza pubblicata nelle provincie Napolitane adì 8 Gennaio 1861, tuttora vigente.

DECRETA

1. A partire dal 1 Giugno prossimo sino a nuova disposizione, in tutt'i Comuni de' mandamenti di Venafro e Castellone a Volturno, ne' Comuni di Fornelli, Macchia d'Isernia, Monteroduni, Longano, S. Agapito, Castelpizzuto e Roccamandolfi, e nelle parti montuose del territorio di Pettoranello di Molise, S. Massimo, Boiano, S. Polo Matese, Campochiaro e Guardiaregia, avranno effetti i seguenti provvedimenti.

2. Nessuno potrà girare per le campagne senza una carta di ricognizione rilasciata dal rispettivo Sindaco sotto la costui più stretta responsabilità personale.

Tale carta non potrà mai esser concessa a persona sottoposta a sorveglianza speciale o notoria mente sospetta.

3. Chi fosse autorizzato come sopra ad andare in campagna non potrà portare viveri, vino, liquori, e tabacco in quantità maggiore di quella puramente necessaria per una sola giornata.

4. Nessuno potrà andare fuori de' luoghi abitati da un'ora di notte sino all'alba senza positiva necessità che dovrà essere giustificata ed espressa in un permesso speciale rilasciato dal Sindaco.

5. Nessuno potrà dimorare in tempo di notte nelle masserie delle case e pagliaie sparse in campagna, senza un'apposita autorizzazione del Sindaco, e sotto condizione di non tenere maggior quantità di viveri, vino, liquori e tabacco di quella strettamente necessaria per una giornata.

6. I Sindaci trasmetteranno senza indugio a' Comandanti le rispettive stazioni de' Reali Carabinieri l'elenco de' permessi e delle autorizzazioni date secondo gli art. 4 e 5 del presente decreto.

7. I contravventori alle disposizioni contenute negli art. 2, 3, 4, 5, saranno arrestati e presentati all'Autorità Giudiziaria per essere puniti con gli arresti o con l'ammenda, secondo le circostanze, salvo il caso di connivenza co' briganti.

8. I Sindaci, i Delegati di Pubblica Sicurezza, le Guardie Nazionali in servizio, l' Arma de' Reali Carabinieri, e tutti gli Agenti della forza pubblica sono incaricati della esecuzione del presente decreto.

Isernia 28 maggio 1865 Il Sotto-Prefetto F. De Feo

Le rinnovate draconiane disposizioni riuscirono in qualche modo ad arginare un più devastante dilagare del brigantaggio, assicurando persino alcuni significativi successi militari, specie all'approssimarsi dell'autunno. Parallelamente anche nello Stato Pontificio, esauritasi la tolleranza residua verso il brigantaggio, a causa soprattutto dei ricorrenti episodi di ferocia ed efferatezza dei quali non era più soltanto spettatore ma sempre maggiormente vittima, si mutò radicalmente e definitivamente tono, come attesta l'editto Pericoli, cui fece seguito una coerente azione repressiva:

EDITTO

Luigi Pericoli prelato domestico di Sua Santità Papa Pio IX protonotaio e delegato apostolico della città e provincia di Frosinone:

Alla più efficace e pronta repressione del brigantaggio che ora infesta le provincie di Velletri e Frosinone, la Santità del Nostro Signore, udito il Consiglio di Stato e il Consiglio dei ministri, ci ha ordinato con dispaccio del Ministero dell'Interno n° 14416 e 14790 di pubblicare le seguenti straordinarie disposizioni:

Art. 1 È istituita nella città di Frosinone una Commissione mista di tre togati e di tre militari, la quale giudicherà di tutti i delitti che si riferiscono al brigantaggio e che si verificassero nelle due provincie. A questa Commissione oltre il procuratore fiscale sarà addetto il necessario ministero.

Art. 2 Si procederà in via spedita e sommaria, le sentenze non saranno soggette ad appello o revisione. In caso di pena capitale, prima della esecuzione dovrà interpellarsi il superiore governo.

Art. 3 Nel caso di procedura contumaciale, basterà una intimazione, in cui sarà prefisso al contumace il termine di dieci giorni a presentarsi, altrimenti si riterrà incorso in contumacia, e la causa sarà giudicata senza bisogno di altre formalità; la intimazione e la sentenza si affiggeranno alla porta dell'uditorio della Commissione e nei soliti luoghi della città di Velletri e di Frosinone. Caduto il contumace in potere della giustizia sarà esaminato, e non adducendo ragioni concludenti a sua discolpa, la Commissione ordinerà la piena esecuzione della sentenza contumaciale; in caso diverso la Commissione prescriverà l'impinguamento degli atti, ed emanerà un nuovo giudizio egualmente spedito e sommario, come se il primo non fosse stato pronunciato.

Art.4 La riunione di soli tre briganti armati è considerata come conventicola, ed ai componenti la medesima è applicata la pena di morte colla fucilazione alle spalle.

Art. 5 Il brigante armato che non abbia appartenuto a conventicole, è punito colla galera perpetua.

Art. 6 I manutengoli, fautori, chi ha dato spontaneo ricetto, o somministrate armi, munizioni,denaro, viveri, vestiario e simili, ha dato avviso della stazione e dei movimenti della forza, e chiunque volontariamente sia per se, sia altrui mezzo, abbia in qualsivoglia modo fornito il brigantaggio, sono ritenuti complici, e come tali puniti, secondo le risultanze degli atti, con uno o due gradi minori della pena art. 4 e 5. Gli ascendenti e discendenti, la moglie ed altri congiunti fino al quarto grado di computazione civile, saranno puniti con pena minore di uno a quattro gradi ove si tratti di atti esclusivamente diretti alla salvezza personale.

Art. 7 I briganti e i complici non godranno il beneficio dell'immunità locale, e le pene di sopra comminate saranno applicate anche ai forestieri, nonostante il disposto degli art. 3 e 5 del regolamento sui delitti e sulle pene.

Art. 8 A chiunque eseguirà il fermo di un brigante verrà accordato il premio di Scudi Cinquecento; se fosse capobanda il premio sarà di Scudi Mille. Questo premio sarà pure accordato alla forza, che avrà arrestato od ucciso un brigante; ed ove ciò avesse luogo in seguito a denuncia, si preleverà a favore del denunciante un quinto del premio.

Art. 9 Ai briganti che nello spazio di quindici giorni dalla data del presente editto, si costitui

ranno spontaneamente nelle carceri del governo è garantita la salvezza della vita.

Dal Palazzo Apostolico di Frosinone il 17 dicembre 1865

Per i briganti la durissima reazione del loro unico alleato rappresentò in pratica la fine della facile impunità e del sicuro asilo. Il cerchio prese così a stringersi progressivamente ed inesorabilmente, e la soluzione finale non si sarebbe fatta lungamente attendere se la temuta guerra non fosse intervenuta a stravolgere i rapporti di forza istauratisi -ed indispensabili alla neutralizzazione del brigantaggio - e la stessa dinamica sociale approssimativamente ristabilita.

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