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MONTEFUSCO

IL TIFO EPIDEMICO TRASMESSO DAL PIDOCCHIO - 1861

di: Fausto BALDASSARRE - da: "Teresa Manganiello (1849-1876)" Pietradefusi (AV) 1997

 

 

.................. Questa epidemia, caratterizzata da febbre ciclica, si diffonde nel carcere di Montefusco nel periodo invernale dell'anno 1861. L'amministratore Stefano De Martinis raccoglie i dati sul fenomeno contagioso:

"dè detenuti affetti da febbre tifoidea nel carcere succursale di Montefusco, a contare dal 22 febbraio 1861 fino al 28 aprile corrente. Il numero totale (degli ammalati) dal giorno della invasione fin oggi è 149; morti 31; in cura 76; guariti 42" (16).

Lo stesso Amministratore il giorno 10 aprile 1861 così scrive "al Signor Governatore della Provincia di Avellino" data "la dominante febbre tifoidea che dal carcere si sta propagando anche nel Comune" e chiede "un concedo di un mese, per uscire colla famiglia e recarsi forse in Napoli poichè questa dimora quando prima si renderà orribile" e pertanto occorre "sgombrare almeno i detenuti sani da questo carcere" ed "è giusto che si cerchino i mezzi a scampare la vita quando a tempo pari che non si abbiano volute dare delle provvidenze, per preservarci dalla triste attualità" (17).

La corrispondenza si infittisce. Il Segretario Generale Cesare di Gaeta da Napoli il giorno 11 aprile 1861 "autorizza" il Governatore del Principato Ulteriore "di disporre tutto quanto crede utile" "per provvedere allo sfollamento dei detenuti nelle prigioni di Montefusco onde allontanare la diffusione del fiero morbo tifoideo" (18).

Il 24 aprile 1861 il medesimo amministratore rivolgendosi al Governatore della Provincia di Avellino insiste sulla possibilità di "inibire puranco che le famiglie dè detenuti accedino sì frequentemente al carcere, acciò il male tifoideo non si propaghi... " (19).

La Relazione del "Medico cerusico condottato provvisoriamente pel carcere" del Dottor Tommaso Marano datata Montefusco 27 aprile 1861, indirizzata all'Amministratore delle Prigioni di Montefusco fornisce ulteriori notizie su questa epidemia:

"che il numero strabocchevole degli ammalati da tifo che trovai nell'ospedale di questo carcere soccursale quando nel dì 16 corrente vi fui chiamato a medicare per la morte avvenuta del supplente al titolare medico di esso Signor Ciampi entrambi attaccati dal detto tifo, mi fece spavento, tanto più che il male era per tutti di uno aspetto più o meno maligno, per cui frequenti avvenivano le morti degli infermi, e l'attacco e la perdita di coloro che per motivo di servizio in detto carcere avevano l'accesso. Fu allora che senza remora mi diedi a studiare il modo di diminuire un tal flagello che si era propagato pure pel paese, e potetti propone essere pria di tutto necessario separare gli affetti da tifo dagli altri ammalati, nonché da sani; e lo sfollamento e ventilazione dell'ospedale per impedire la eccessiva corruzione dell'aria che produceva la malignità e degenerazione della malattia. Al primo scopo con molto impegno Ella si prestò fornendo altri due locali, dè quali uno si adisse pè convalescenti, l'altro per gli ammalati non affetti da tifo, assicurando essere stato anche da lei prevista la necessità dello sfollamento dell'ospedale, nonché del carcere per avere ripetutamente domandato lo sgombro di un numero di detenuti del detto Carcere. Una tal cosa finalmente si ottenne, e si potè con maggior facilità effettuare lo sfollamento dell'ospedale, ove mentre non vi capivano che soli trentasei letti ve n'erano invece stivati sessanta. Ciò fattosi, e dietro le ripetute disinfezioni eseguite in tutti i locali cò suffumigi di Norveci, cloro, acido soforoso, catrame, nonché l'apertura di opportune ventilazioni si è potuto ottenere che quantunque vi siano pure nuovi casi di tifo, il medesimo à perduta la malignità di pria, in modo che fra otto giorni da che le sottoscritte precauzioni si son prese, non vi è stato che un sol morto, mentre pria tutti li giorni non ne mancavano... Debbo io pregarla di esonorarmi dalla ulteriore assistenza alle dette prigioni, per essere incompatibile coll'obbligo che ho all'esercizio della condotta del Comune..." (20).

Un altro scritto dell'amministratore delle Prigioni datato Montefusco 28 aprile 1861 indirizzato a un'autorità non precisata, offre altre informazioni sull'evento:

"Signore... deggio dirle che gli ammalati sono stati sparpagliati in tutte le località del carcere, per essere le sale destinate ad ospedali, che sono al piano superiore incapaci di ricevere oltre 36 infermi, e comecchè il numero di essi è stato esorbitante, si fu nella necessità di tenere gli ammalati nei stessi locali ove si infermavano, quando cotesto Governo non provvedeva sollecitamente allo sgombro di una porzione di detenuti, da me tante volte dimandato... Il numero dè detenuti che il carcere può contenere sullo stato di epidemia, è forse eccedente quello di dugento. La cifra dè 113 infermi di cui mi parla nell'uffizio trasferitomi è erronea poiché un tal numero occuperebbe le località di tutto questo Carcere, ed io ritengo con certezza che un tal numero era riferibile a tutti i detenuti attaccati dal tifo, dalla invasione sino al giorno che questo Sindaco le rimise lo Stato, e non già agli infermi che allora non erano pochi. Il numero totale dè detenuti qui esistente è di 210, di cui 134 sani; 55 convalescente, e 21 infermi".

Il menzionato funzionario De Martinis, in un altro scritto datato Montefusco 28 aprile 1861, inviato al Governatore della Provincia di Avellino, così informa l'autorità competente:

"da che avvenne lo sgombro, da me dimandato, di parenti detenuti da questo carcere, la dominante malattia tifoidea è cominciata sensibilmente a scemare, poiché dopo il detto sgombro sonosi potuti riunire tutti i sani in un locale in un altro i convalescenti, e gli ammalati di tifoidea dividerli dai malati comuni ho fatto pure disinfettare le località del carcere, e così si è avuto un risultato piuttosto favorevole tanto che il male è scemato... ed il numero dè morti per ora è diminuito sensibilmente, cosa che rileverà dalla relazione del professore sanitario..." (22).

Per conoscere i successivi provvedimenti risulta utile la comunicazione che il custode Maggiore Giovanni Russo delle Prigioni da Montefusco il giorno 25 luglio 1861 invia al Sindaco del Comune:

"Signore... Domenica scorsa per ordine del Sign. Procuratore Generale furono spediti tutti i detenuti nella Centrale di Avellino rimanendo tutto il Carcere imprattato di paglia ed immondettezza, né hò più volte avvisato il fornitore per la nettezza del Carcere. E come che attento altri detenuti non posso riceverli nel carcere per la troppa sporchezza come sopra, e per i molti pulci ed altri inzetti. Più ieri non à somministrato l'ordinario ossia la zuppa, acqua e olio a quattro detenuti sopraggiunto, passo ciò alla di lei conoscenza per mio discarico" (23).

Questa epidemia tifoidea, come il colera dell'anno 1855, suscita reazioni collettive di panico che invadono gli animi delle persone appartenenti non solo degli ambienti carcerari, ma anche della società montefuscana.

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