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FRASSO TELESINO

La Rivolta dell'Arciprete Filoborbonico

di: Enzo Matarazzo & Luciano D'Amico - da: "MOIFA'" anno VII N. 2 Aprile 2001

 

Le più famose rivoluzioni (quella Francese e quella Russa) hanno dimostrato che, tra le cause principali di una sommossa, vi sono sicuramente la fame, la miseria, l'esasperazione, ma spesso ottiene un ruolo rilevante un altro motivo, a volte sottovalutato: la "confusione", talora voluta da personaggi senza tempo, senza nome, senza onore e dignità, che spesso fanno di essa un'arma per tiranneggiare su un popolo schiavo "dell'ignoranza", sovente con l'intento di trarre vantaggi personali; altre volte provocata da persone idealiste, coinvolte in eventi più grandi di loro. Nel corso della sua storia neanche Frasso è stato immune da eventi rivoluzionari. In un documento del 1888 si parla della necessità di istituire in paese una stazione dei Reali Carabinieri, in seguito alle continue rivolte popolari che, a quanto pare, erano abbastanza frequenti e caratterizzarono l'intero secolo XIX (Cfr.: A. Amore - V. Simone, La storia di Frasso attraverso le delibere comunali (1889-1898) in Moifà VII 2001 - 1 p. 13). In tale periodo storico, particolare considerazione merita la rivolta contadina contro i dazi di occupazione delle terre del Demanio e della Mensa vescovile, del 12 e 13 aprile 1848, durante la quale furono arrestati diversi preti di Frasso, tra cui il Canonico della Chiesa del SS. Corpo di Cristo, Don Pietro Fusco ( A. Amore - V. Simone, Note di cronaca frassese, in Moifà, XI 1996 - 2, pp. 8-9). Il giorno 3 settembre 1861, il popolo Frassese, con l'appoggio della locale Guardia Nazionale, fu ancora una volta protagonista di un'azione militare con la quale respinse gli assalti dei briganti al fine di "evitare le rappresaglie dell'esercito Garibaldino, spesso più crudeli delle vendette brigantesche" (AA.VV., Bnganti in terra nostra, Calvi, Cassa Rurale e Artigiana, 2000, p 22). Precedentemente, nell'ottobre del 1860, Frasso partecipò in modo singolare ai moti insurrezionali che precedettero l'unità d'Italia. Mentre nei paesi vicini, tra i quali ricordiamo Vitulano ed i paesi limitrofi con i Cacciatori Irpini, si organizzavano Comitati di liberazione, da noi si ebbe una rivolta filoborbonica. Conosciamo la cosa, da alcuni documenti tra cui, il Diario di un protagonista di quegli eventi, il Capitano Francesco De Nunzio, che così espone i fatti: "Nell'Ottobre la Colonna, con a capo il Generale Carbonelli, lasciava Pietra Di Fusi, ed arrivava la sera in Torrecuso, dove il Generale Carbonelli seppe l'attacco del giorno sostenuto ai Ponti della Valle. Dopo breve riposo partì con pochi uomini a cavallo per la via mulattiera, diretto a Maddaloni; rimanendo ordine al Maggiore che la mattina seguente si fosse trovato con la colonna in Solopaca in attesa di suoi ordini. Il mattino del 2 Ottobre di buon'ora, la Colonna lasciava Torrecuso (dove ebbe favorevole accoglienza), diretta per Solopaca, ove si fermò in aspettativa di ordini del Generale Carbonelli. Verso l'una dello stesso giorno, una staffetta a cavallo, spedita dal generale Carbonelli al Maggiore, portava ordine di immediatamente recarsi colla colonna sul Ponte Maria Cristina di Solopaca, perché una colonna Borbonica, partendo da Caiazzo, avrebbe attraversato Telese, per passare il fiume sul Ponte Maria Cristina e gittarsi sopra Frasso, ove forte nucleo di reazionari si sarebbe riunito per tentare un movimento sopra Maddaloni (Francesco De Nunzio, "Il conflitto di Isernia", in Rivista Storica del Sannio, a. 1916, n.6.)". "'In mezz'ora fu riunita la Colonna in ordine di marcia, e si lasciò Solopaca per scaglionarsi sul ponte; quando arrivati salla rotabile, sopraggiunse un corriere spedito dal Sig. Marzio Morrone, Sindaco di Frasso Telesino, richiedendo aiuto, poiché la reazione provocata da quell'arciprete, cominciava a manifestarsi, e si temeva spargimento di sangue ed incendi. Allora il Maggiore affidò al capitano De Nunzio la missione di reprimere la reazione di Frasso Telesino, ed egli col resto della colonna si portò sul Ponte per ostacolare il passaggio ai Borbonici" (F. De Nunzio, op. cit., in Rivista Storica del Sannio, a. 1917, n. 1). Mentre altrove si aspettava l'arrivo dei Garibaldini, a Frasso il popolo, capeggiato dall'Arciprete Michelangelo Saquella (parroco di S. Giuliana dal 1851 al 1877) e da altri notabili, insorgeva in favore dei Borbone. Era il 2 Ottobre 1860 ed i Garibaldini con a capo il De Nunzio mossero alla volta di Frasso per sedare la sommossa, guidati da un corriere, che il Sindaco assicurava di piena fiducia. A detta di un testimone oculare: "Quel popolaccio aveva commesso violenze contro i liberali e i galantuomini avevano gridato Viva Francesco II morte a Garibaldi. Lumi, lumi, lumi o fuoco "(G. M. Romanelli, Diario manoscritto, citato da A. Romano, Riv. Piedimonte Matese, A.S.M.V. 1998, p 160). Racconta ancora il De Nunzio. "Arrivati nelle vicinanze del paese ed udite tali voci il De Nunzio ordinò alla compagnia di innestare le baionette, dividendo nel frattempo gli uomini in tre plotoni in modo da circondare Frasso. I vocioni di colpo cessarono ed i garibaldini rapidamente circondarono la casa dell'arciprete Saquella che si ostinò a non aprire. Dopo vari tentativi risultati infruttuosi, il De Nunzio ordinò che fosse sfondata la porta ed entrati all'interno dell'abitazione prelevarono il Saquella insieme ad altri cinque capi del paese per condurli rapidamente al quartiere della Guardia Nazionale, trovato chiuso essendo "la Guardia cittadina entrata nella paura" (F. De Nunzio, op. cit., in Rivista Storica del Sannio, a. 1917 n. 1). Alla notizia dell'arresto dell'arciprete, la Guardia Nazionale si rianimò ed uscì allo scoperto insieme a tutte quelle persone che si erano riparate in case non sospette. Le bandiere bianche gigliate sparirono per incanto e la gente, riversatasi nelle strade, applaudì con frenesia le camicie rosse. Il De Nunzio assicuratosi che l'arresto dell'arciprete e degli altri capi potesse garantire ordine e tranquillità al paese, spedì sulla strada un picchetto di guardia, formato da quaranta uomini, comandato dal tenente Nicola Costa, per appoggiare eventuali operazioni del Maggiore, in caso di conflitto o di nuove sommosse. Annota il De Nunzio: "La notte passò rapida, senza prendere letto. Il De Nunzio mandò il Sotto Tenente Sig.r Nicola Del Giudice di Barletta, a cavallo, in compagnia di due Garibaldini, anche a cavallo (i cavalli erano somministrati dal Sindaco), al Sig.r Maggiore, per informarlo dell'operato e prendere suoi ordini. Il Del Giudice ritornò verso le 9 a. m., portando ordine del Sig.r Maggiore che si fossero condotti i prigionieri in Sant'Agata, e poscia marciare sopra Maddaloni, dove ci saremmo riuniti; poiché la colonna Regia che doveva passare sul ponte Maria Cristina, avvertita nel suo arrivo a Telese della custodia del Ponte, ritornò indietro, e che perciò egli con la colonna recatasi a Maddaloni. Il distaccamento di osservazione che il De Nunzio aveva spedito sulla via rotabile, rientrava a giorno in Frasso. Quindi all'arrivo di Del Giudice, verso le 10 a. m., il Capitano De Nunzio colla sua compagnia, e il degno arciprete e complici, muovevano sotto la sferza di un sole ardentissimo, il giorno 3 Ottobre, per Sant'Agata" (F. De Nunzio, op. cit., in Rivista Storica del Sannio, a. 1917 n. 1). Ecco come il De Nunzio descrive la conclusione della vicenda, che ha termine con la consegna dei prigionieri alla Guardia Nazionale di Sant'Agata dei Goti: "Arrivarono, a Sant'Agata, verso l'una, stancati dal sole e dalla mancanza di sonno. Le acclamazioni di quel popolo, e della parte eletta di quella simpatica cittadella, furono oltre misura splendidissime e cordiali. Il Maggiore della Guardia Nazionale Sig. Rainone era con tutta la ufficialità in quartiere ad aspettare, perché prevenuto dell'arrivo dei Volontari, asserragliati dal popolo festante ed applaudente. Si consegnarono in quartiere i prigionieri" (F. De Nunzio, op. cit., in Rivista Storica del Sannio, a. 1917 n. 2). Così il De Nunzio, che dell'impresa fu parte attiva narra i fatti nel suo Diario, ma a detta di altri, le cose andarono alquanto diversamente.

 

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