Copyright - 1999 - 2001 - © Fioravante BOSCO - Tutti i diritti riservati - Visualizzazione consigliata 800x600

 BRIGANTI:

Eroi o Malfattori?

di Alessandro Romano

da: "Briganti & Partigiani" - Campania Bella, 1997

 

Mai così come nella storia dell'unificazione italiana si è avuta una manipolazione dei fatti tanto magistralmente studiata. Intere popolazioni, intellettuali, notabili, contadini e pastori contrari a quanto era stato loro imposto con la forza, furono miseramente spogliati delle loro vere motivazioni e marchiati sistematicamente con la definizione di "briganti". Delinquenti, assassini di ogni genere, banditi, ladri, grassatori, contadini, pastori, guerriglieri, partigiani e legittimisti vennero accomunati in questo comodo epiteto che fin dal 1860 interessò sempre più le cronache del nuovo stato unitario. Un'operazione di propaganda politica opportunamente architettata per non far trasparire all'estero, ma soprattutto nella giovane Italia, l'ostilità delle popolazioni meridionali verso quell'unità dal sapore amaro imposta dal Piemonte come una vera e propria conquista militare. Ai conquistatori apparve provvidenziale, accomunare gli autori della resistenza antiunitaria ai peggiori delinquenti che anni prima avevano infestato la Toscana, lo Stato della Chiesa e lo stesso Regno delle Due Sicilie. Violenze inimmaginabili, migliaia di morti e feriti, decine di paesi saccheggiati e distrutti, strade e ponti interrotti, intere regioni isolate, migliaia di oppositori politici arrestati o fucilati, paesi dilaniati da vendette e rappresaglie, la maggior parte dell'esercito piemontese impegnato ad arginare la dilagante rivolta popolare, caratterizzarono il primo decennio del giovane stato unitario italiano. Certo non fu l'effetto dell'azione criminale di qualche sparuto malvivente intento a procacciarsi di che sopravvivere, così come si volle far credere dai "conquistatori". Si nascosero con tutti i mezzi anche e soprattutto attraverso la soppressione fisica degli oppositori, le vere ragioni economiche, politiche e religiose dell'accanita reazione antiunitaria. E così mentre i ribelli meridionali si avventavano sui liberali, i loro beni, i soldati, le strutture amministrative e politiche del nuovo stato, a loro volta migliaia di soldati e uomini dell'esercito piemontese e della guardia nazionale si accanirono su contadini e pastori, fucilandone a migliaia, dando alle fiamme e distruggendo fattorie, villaggi, paesi, raccolti ed ogni cosa potesse dare sussistenza diretta o indiretta ai "briganti partigiani". Una vera e propria tragedia. Così l'ltalia unita muoveva i primi passi, non di certo tra quei mitici canti di gloria e quelle sdolcinate lodi popolari che magistralmente poeti e scrittori liberali e massoni vollero e seppero inventare nella roboante cultura filounitaria, ma al contrario tra la disperazione e le grida di dolore, il sangue e le maledizioni delle popolazioni meridionali. Ora che numerosi documenti stanno finalmente venendo alla luce e che pertanto molti avvenimenti vengono rivissuti in una visione interpretativa decisamente più obiettiva, il cosiddetto brigantaggio meridionale viene ricatalogato quale: "fenomeno antiunitario generato da complesse ragioni sociali". Certo è che pur di salvare il salvabile si cerca di giustificare a tutti i costi la conquista militare del Meridione d'italia da parte del Piemonte, anche di fronte alla ormai evidente e provata opposizione spontanea delle intere popolazioni meridionali, attraverso la individuazione di discutibili surrogati della verità storica che appunto appaiono di difficile modellamento alla realtà dei fatti. Tuttavia sicuramente dei passi avanti verso la verità sono stati fatti, verità che comunque resta ancora lontana, troppo lontana dai banchi di scuola sui quali da 136 anni si continua a studiare la storia scritta dai vincitori.

HOME PRINCIPALE

TORNA INDIETRO