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LA REAZIONE DI MONTEMILETTO E IL SACCO DI TORRE LE NOCELLE DEL 1861

da:http://digilander.libero.it/19506/storia/index.html

 

LA REAZIONE DEL 1861- IL SACRIFICIO DEI ROTONDI ED IL SACCO DI TORRE

Dieci mesi dopo la strage del settembre 1860, esattamente l'8 luglio del 1861 riesplode la  reazione a Montemiletto, con una ferocia sorprendente.Torre le Nocelle questa volta sta dalla parte dei liberali e come si vedrà invia una squadra di 23 uomini, capitanati da Paolo e Giovannino Rotondi,  in aiuto a Montemiletto. Saranno tra i martiri della ferocia dei reazionari che si macchiarono di nefandezze incredibili: fucilazioni sommarie, linciaggi e perfino ferimento di bambini ed oltraggio dei cadaveri e del clero. Il resoconto è tratto da una monografia del 1862 a firma di A.P. pubblicata a Napoli nello stesso anno. Sintetizziamo i punti salienti: nel 1861 dopo la caduta di Gaeta il movimento legittimista borbonico tenta di giocare la sua ultima carta cercando di provocare, tramite sobillatori, ex ufficiale dell'esercito, spie e perfino volontari stranieri, una rivolta generale nel Mezzoggiorno appena conquistato dai Garibaldini; Dal 5 Luglio 1861 si iniziano a concentrare bande di rivoltosi (circa 2.000 persone), provenienti da diversi paesi circostanti a Montemiletto; Il 7 luglio la situazione diventa incandescente ed interviene Tarantino, luogotenente del Governatore di Avellino Nicola de Luca che ha un primo scontro con le bande reazionarie a Montefalcione. Quindi, dopo essere stato abbandonato, dalla maggior parte dei suoi a notte entra in Montemiletto; arrivano da Torre le Nocellein aiuto dei liberali Pietro Paolo e Giannino Rotondi con altri 23 persone. Il sindaco di Montemiellto, Michele Fierimonte, decide di barricarsi nel suo palazzo con tutti i patrioti e le loro famiglie; Viene dato loro un ultimatum di resa, che essi rifiutano. Viene dato fuoco al portone del palazzo Fierimonte. Da Montefusco è visto l'incendio e si prepara una squadra di armati per portare soccorso agli assediati. Abbattendo un muro di una cantina contigua i rivoltosi entrano nella cantina Fierimonte e danno fuoco ad una catasta di legno. Le donne assediate cercano con tutti i mezzi di arginare  le fiamme; la moglie di Domenico Coletti per non cadere nelle mani degli assalitori si lancia in una cisterna. Gli assediati cercano di fare una sortita ma vengono falciati al primoattacco: il primo a cadere e Pietro Paolo Rotondi nizia il saccheggio e la mattanza: i prigionieri vengono fucilati sul posto. Ad un bambino fanno saltare la rotula con una schioppettata, dopo averlo primo ferito con un colpo di baionetta. Il capitano di Montemiletto Pellegrino Fina viene dato, ferito, in pasto ai cani. L'arciprete Leone  viene giustiziato ed il suo cadavere oltraggiato; Giovannino Rotondi di 17 anni viene ammazzato a colpi di bastone. I rivoltosi, imbaldanziti dalla vittoria, si portano a Torre le Nocelle dove mettono a sacco parte del paese (presumibilmente le case dei Rotondi che si trovano ad essere devastate e saccheggiate per la seconda volta nell'arco di 10 mesi). I rivoltosi si scontrano a Montefalcione con una colonna di soccorso inviata da Avellino e dopo 6 ore di fuoco e solo dopo l'arrivo di uno squadrone di cavalleria ungherese con 4 cannoni leggeri, abbandonano le posizioni. I reazionari si disperdono.

 

A.P. "IL MARTIRE IRPINO"

Orde rivoluzionarie si erano lasciate crescere ad un numero rimarchevole, senza preventivi ostacoli. Certo è che la presente, di cui ci occupiamo, organizzata in Montefalcione, e col favore di quelli circonvicini paesi, accennava pigliare prima la volta di Montemiletto, come quel paese che, in preferenza degli altri, era più disposto a riceverla... Correva il 5 luglio 1861, quando Tarantino, garentito dagli ordini di Nicola De Luca Governatore di Avellino, si metteva per parecchi paesi della Provincia in far gente... percorse senza posa più punti, da capitare nel corso della notte eziandio in Candida. Quivi, mediante direzione avutane da Basilio Porcari, fu a trovare il costui germano Diocle, il quale... venne narrandogli che in Montefalcione fermentavasi la rivolta... Il perchè Tarantino, comunicatosi sul da farsi col Capitano Nazionale di Candida, a nome Michele Tacli, ebbe ad arruolarvi circa ottanta individui, i quali nel mattino vegnente furono con lui a Pratola, intervenendo anche il loro Capitano testè menzionato Sig. Tacli: quivi dispensandosi la diaria furon tutti da Tarantino soddisfatti. Il Capitano che voleva far distinguere il suo grado dalla paga, pretendea quanto a capitano di truppa regolare possa convenirsi... profittando il Tacli dell'occasione, che Tarantino erasi gitto a ristorare di una qualche ora di riposo le membra affralite dal trapazzo della notte antecedente, il Capitano insinuò quella raccolta gente a disertarsi, e vi riuscì. Né per questo sgomentassi Tarantino perché dovesse tralasciare l'impresa... Intanto non avea toccato la salita della Serra, che le famiglie liberali di Montemiletto, quali esuli di Prata, chi con figliolino alle poppe, chi con uno, chi con altro oggetto di cara reminiscenza, traevano trepidanti a trovare un provvisorio asilo in Pratola; dacché l'orda micidiale, erasi divulgata più certa e più costante la voce, fosse già in procinto d'invadere il paese... Ma pervenuti al colmo della Serra, donde dovean tenere per Montemiletto, né di Montefusco, né dei vicini paesi alcun braccio di rinforzo vedesi... Solo vedevi un raggirarsi di brutti ceffi e di torve ciglia, preludio di tradimento; un pallore di chi precorre l'attentato; un cupo brontolio foriero di più cupa tempesta. Egli credè intanto saggia cosa mettere in salvo le liberali famiglie del paese, invitandole a raccogliersi nel palazzo del martire Giuseppe Fierimonte ...... "Sorgeva l'alba del 7 luglio, e con fremito indomabile, impaziente all'arrivo dei promesso rinforzo, con quelli suoi cacciossi Tarantino per la via del bosco, a misurare le mosse del brigantaggio, che di lì diceasi probabilmente sbucare. Ed esaminato ad una certa distanza quel punto tutto gremito di nemici in armi, pensò bene rinculare, ed attendere la forza. In tempo sorvenne un drappello di Montefredane capitanato da Pasquale Barone, ed un altro guidato da Giovanni Ciampi, composto di Sampaolinesi, Montefuscani, Pratesi e Pratolesi, tutti al numero approssimativo di un centinaio. Con questi si mise animosamente nel bosco; attaccò un fuoco accanito coi briganti; li respinse cacciandoli fin sotto Montefalcione: in dove unitisi quelli ad altro maggior numero, ed a tutto il paese, che toccò le campane a martello, convenne che Tarantino avesse presa la volta di Pratola, come praticò; traendo ciò non pertanto prigionieri otto de' nemici, compresovi un monaco, parente di quel Basilio Pagliuca detto innanzi; i quali tutti furon inviati al carcere di Montefusco. Tra costoro si contava pure un Napoletano, mentre un altro suo compaesano fu morto da' nostri fra l'attacco tenuto nel bosco; essi trovavansi assoldati in Montefalcione a carlini sei quotidiani, per mezzo di uno spaccapietre di Pratola, nominato Luigi ... : sebbene nel retto senso eran essi i "corrieri postali del Comitato Segreto ...... Ma la missione del Tarantino non era a Pratola: ben ella erasi a Montemiletto. Ivi il confermava un Ufficio dei Governatore De Luca, concepito in questi termini: "Caro Carmine, ti raccomando di non abbandonare Montemiletto: colà devi tener fronte, essendo quello un punto interessantissimo. Se per poco abbandoni tal punto, i reazionari potrebbero assaltare Montefusco, e farne evadere un duecento sessanta prigioni, ed allora le file di costoro verrebbero rinforzate a segno, da non poterle più domare. lo ti raggiungerò a volo con una colonna imponente di armati." Addì 7 luglio 1861; il Governatore Nicola De Luca. ... Ma atterrito Pasquale Barone alla vista degli eventi di quel giorno, accomiatandosi da Tarantino, con la lusinga che il domani sarebbe tornato coi suoi e con maggior numero di forza, battè ritirata. Fè lo stesso il drappello di Ciampi, allegando a potente ragione di non convenirsi lasciar privo della loro guardia il carcere di Montefusco, minacciato allora da un'aggressione di altre masnade, che avean già diffuso largo sospetto di tale attentato giunto. Cosicchè il solo Tarantino co' suoi mosse per Montemiletto e vi fu giunto a circa la metà della notte... non appena ispuntò la nuova luce, che tosto inviò messi a De Luca, per aver braccia; facendogli annunciare che i briganti, profittando del breve numero di essi, giusta l'avviso facilmente ricevutone da qualche occulta spia montemilettese, già erano in procinto di piombar loro addosso. Quand'ecco di Torre le Nocelle, quei due fratelli Rotondi Pietro Paolo e Giovannino... e coi numero di ventitré individui, che seco loro traevano in armi, accorsero di ausilio in Montemiletto. ... Fu allora che l'egregio Capitano Nazionale di Taurasi, Stanislao d'Arena, in passando per quivi, perchè dovea recarsi in Avellino, ad annunciare altre rivolte, ed implorarne soccorsi, vide che il più pressante soccorso doveva prestarsi a Tarantino... ed impennando le ale ai piedi, volò per l'oggetto. Intanto a tamburo battente s'inoltrava l'orda micidiale: in paese, dove non poteano sperare di chi li guardasse alle spalle: col pensiero che anche battendosi ad aperta fronte, avrebbero dovuto abbandonare all'artiglio nemico l'imbelle sesso delle famiglie acquartierate nel Palazzo Fierimonte, cui potevasi da più vicoli aggredire: né potendo essi, per la pochezza smembrarsi in più punti: convenne stringersi tutti in quartiere, e da quivi attendere l'inimico. Così fu eseguito: ed il Sindaco di Montemiletto Michele Fierimonte... barrò e chiuse a chiave le porte del palazzo, e misesi in tasca le chiavi, quivi rinchiudendosi anche egli con Tarantino. Furono collocate con ogni accorgimento e dove l'uopo richiedeva le scolte: tutti disposti erano all'attacco. E già comincia il primo fuoco e da fuori e da dentro. Degli esterni però nessuno osava farsi da presso, poichè i proiettili dall'interno grandinavano. Nè le donne stavano quasi timide o inoperose: di esse altre si ebbero anche la lor parte all'attacco: altre non potendo diversamente adoprarsi, somministravano caricati i fucili ai combattenti... Dalle ore dieci italiante per sino a quasi il meriggio, durò talmente viva la resistenza degl'interni, che gli esteriori stanchi oramai a tanta inespugnabilità, mandarono ambasciatori a Tarantino, dicendo, che lui e i suoi ne porterebbero salva la vita, purché si arrendessero e depositassero le armi. "Che le venissero a prendere essi" fu la risposta. Altri messi, altre insistenze: quindi altra degna risposta "che il vero italiano muore con le armi in pugno ...... Ma la turba dei nemici si era fatta numerosissima: gli sforzi di quei nostri fratelli erano, per quanto eroici, insufficienti: di tutte le promesse forze, neppure un pugno di armati in loro aiuto.... mentre un brulichio di gente richiamava maggiori sforzi e maggiore attenzione de' nostri al prospetto del palazzo; altri di soppiatto già sottentrati erano alla parte opposta e inferiore; e quivi ad una casa sottoposta al palazzo medesimo appiccarono le fiamme Già queste crepitavano: già globi di fumo, di tetra luce, di rapide faville s'elevano alle sfere. Accorrono con ogni alacrità adoprandovi i nostri quanto facea duopo ad estinguerle. e lottando così con le fiamme e coi nemico. ... Avrebbesi dovuto vedere come (le donne)... si affaccendavano... chi a tirar acqua dalla cisterna esistente nel cortile dei palazzo, chi con grembiali di terra, chi con pietre in capo ed altri materiali accorrevano a smorzar quell'incendio.... gli ottimi cittadini di Montefusco, dalla vetta del loro paese, visto il periglio di tale incendio... dettero in allarme facendo un subito appello a porzione della Compagnia del 62° che colà stava di guarnigione, nonchè alle Guardie di S. Giorgio La Montagna e Pietra de Fusi, restando essi però a custodia del carcere. E fatto così un numero di oltre a trecento si divisò dare alle spalle del nemico e liberare i fratelli. Già la squadra tutta, a stretta ordinanza teneva la via di Montemiletto, mentre dodici di loro ne aveva spediti come di guardia avanzata... e questi dodici si erano tanto inoltrati che giunsero essi soli ad occupare il paesello di Montaperto ... abbattendo le bianche bandiere erettevi... quindi gongolanti di giubilo ... si volsero e si videro abbandonati: di tal si avvisarono mettersi in salvo. In verità i compagni non più li seguivano: avevano essi dato le spalle: perocchè un saponaio domiciliato in Montemiletto aveva sparso la voce che i briganti eransi in Montemiletto ingrossati a circa seimila: che altri stavano per invadere Pietra di Fusi e S. Giorgio la Montagna... Così creduli alle dicerie di un Simone Montemilettese, si pensò dare in volta, ciascuno a guardare il proprio paese. Intanto l'edificio Fierimonte non era ancora in ruina... E poichè col primo incendio aprironsi via nella casa sottoposta al Palazzo, ove porzione s'immisero, senza poter essere offesi dall'alto; avvenne, che da quivi bucarono un muro, che metteva ad un sotterraneo del ridetto Palazzo, in dove giaceva una grossa catasta di legna alle quali sommisero delle fiamme. Furono allora inutili tutti gli sforzi... ululati di donne, gemiti di pargoletti, fremiti ed urli di combattenti... altra porzione di briganti facendosi testugine di massicci tavolini, o di ben folti fasci di cespugli e di altro, vi sottentrarono e di diverse quantità di combustibili vi affissero. E come furon vedute ancora queste in fiamme (cioè, le porte d'ingresso del palazzo), e che una folta di nemici si accalcava per invadere il palazzo, ed impedire la sfuggita ai rinchiusi; di costoro altri cercavano asilo in qualche occulto recesso... altri tentavano gittarsi nelle voragini dell'incendio; fanciullini che imploravano mercè alle madri...; una donna, (ed era la infelice moglie di Domenico Colletti deceduto nella prima reazione) per non capitare tra le mani nemiche, si tonfa nella cisterna, donde poco prima innanzi affannavasi ad attingere acqua per ismorzare il primo incendio. ... Altri seguivano Tarantino a slanciarsi tra gli avversari... ma una fitta scarica di rincontro li privò pure di quest'ultima e sì nobile vendetta. Il primo a restar senza vita fu Pietro Paolo Rotondi: indi due cari giovani... Alfonso Accomando di Manocalgiati e Giuseppe Cennamo di Atripalda. Contemporaneamente veniva ferito al volto Tarantino; ma non senza che costui avesse gravemente ferito di baionetta la manca spalla di un Montellese, lasciato guarire dal dottor fisico di Montemiletto, Giuseppe de Leo... Non ebbe tempo Tarantino di trarre il secondo colpo, col quale forse ci avrebbe sgravato del famoso Angiolo Ciarla; perocché già gli venne un colpo letale al petto, sicchè cadde abbracciando gli estinti fratelli, che gli giacevano ai piedi, non che Giuseppantonio de Benedictis di Manocalgiati, che là là gli cadeva da lato. In questa si diffuse una voce allarmante, che sorveniva la forza; al che si circonfusero quegli assassini, a tutt'altro badando, che al barbaro macello intrapreso. Della qual cosa profittando parecchi de' rinchiusi, chiesero salvarsi, chi col confondersi tra la mischia, e fingersi pure avverso ai liberali, chi coll'isvignarsela e disperdersi. Tra questi ultimi è da noverarsi Giovannino Colletti, figlio del fu Domenico. Il giovanetto fuggiva ignoro della triste fine di sua madre, ed immemore del resto di sua famiglia... In tale stato di cose, assicuratisi quei reazionari della falsità di un tale allarme tornarono di bel nuovo alla scena di sangue: e cinque soldati del 62°, ch'erano partiti con Tarantino, sopraffatti dal numero nemico, dietro un'accanita zuffa capitarono nelle mani di quei briganti, i quali tre ne fucilarono là là; altri due, con migliore avviso, li tennero in vita, per giovarsene nei loro stratagemmi avvenire. Di questi poi, siccome nel successivo attacco in Montefalcione uno se la scampò, menandosi tra la nostra truppa guidata dal Governatore de Luca, come appresso accenneremo; così fu l'altro dannato alla fucilazione, per sospetto che non seguisse l'esempio dei compagno. Si fu fatto lo stesso all'egregio Capitano di Montemiletto Pellegrino Fina, trascinato sanguinante e tra burberi dileggi dato pasto ai cani. Indi, stabilitasi la guardia all'ingresso, e dato ordine che donne e fanciulli ne uscissero col dono della vita, porzione di essi s'intromisero a perquisire i più sospetti penetrali dei Palazzo. Ed ecco uscirne due giovanette, una delle quali con un ragazzo di cinque in sei anni quasi agonizzante tra le braccia, che grondava sangue dalla tenera persona. Era questi un loro fratellino che mentre giaceasi nascosto dietro alcune botti, un brigante, perlustrandovi a tasto di baionetta, lo avea punto dolorosamente; di che non potendo tenersi il fanciullo, esclamava "mamma", e quei vibratagli una fucilata, da saltargli la rotola di un ginocchio. Quelle giovinette poi erano due figliuole del memorabile Domenico Colletti... Usciva tra una folta e pietosa corona di sua famiglia Michele Fusco di Montemiletto, sostegno unico di sua casa, merce l'esercizio dell'Avvocheria... Ma le guardie della porta, scostandosene a viva forza le figlioline danno di mano ad un suo figlioccio, ed innanzi agli occhi paterni lo stendono vittima. Ne valsero per costui le tenere e lacrimose intercessioni della madre, la quale... discinta e genuflessa interpone il suo petto per la salvezza del consorte. Indarno!... strappatala di mezzo, danno barbara morte a quell'uomo gli stessi, cui delle fiate aveva egli difesi in linea giudiziaria. Sarebbe un'infamia non registrare tra questi martiri irpini i nomi dei germani Samuele e Generoso Leone, che, distintisi per quanto poterono in questi attacchi, caddero dappoi negli artigli nemici, e nel dì sussecutivo furono dannati alla fucilazione. Pochi giorni dopo la prima reazione avvenuta in Montemiletto nel 6 settembre 1860, un giovane domiciliato in Avellino, per nome Antonino Lucadamo, il quale nella qualità di Caporale Nazionale trovavasi colà di guarnigione, vide una vecchia che dal luogo dell'attuale macello, erasi genuflessa; e preso un pugno di polvere dalla terra, se lo appressava alle labbra, baciandolo. Curioso il Lucadamo dell'atto di costei con gentili maniere, le chiese lingua del motivo, che a' siffatta dimostrazione l'aveva spinta. E quella cortesemente rispose: "Figlio mio, questa è polvere santa: essa è ancor calda del sangue di mio marito che nella reazione di pochi giorni addietro sugellò col suo martirio la libertà della Patria". E questa vecchierella era la madre dei sunnominati Leone, i quali non volendo inaridita quella terra intrisa dei sangue paterno, la innaffiarono coi sangue loro, cadendo per lo stesso eroico motivo e sullo stesso suolo dove il padre malanno antecedente moriva. Ma un loro fratello, l'Arciprete Leone, volendo serbarsi a più opportuna vendetta, l'aveva già campata con la fuga. Quando una vecchia, che se n'ebbe accorta, gli gridò appresso l'allarme; sicché raggiunto da più colpi di schoppettate nemiche, cadeva estinto l'unico esempio del cittadino Cristo,.. Nè bastava di averlo ucciso: non ebbero ritegno di pur insevire sul cadavere... Con la morte di Pietro Paolo Rotondi si è aperta la funestazione della strage, e con la morte dell'altro fratello Giovannino si chiude. In verità era questo giovanetto nei fior de' suoi 17 in 18 anni, bello nella persona e nel viso, gentile di aspetto e di core, biondo nella capigliatura... Eppur questo giovanetto compiva il martirio della casa Rotondi, cadendo vittima di alcune piroccate, forse tra il tacito compianto degli stessi spettatori Imbaldanziti da questa vittoria, senza competenti ostacoli, i reazionari lasciarono Montemiletto, e piegarono al sottoposto Torre le Nocelle, in dove tentarono far l'ultimo pelo: ed Angelo Ciarla e Vincenzo Petruzziello, che si assunsero carica di Generali, ... dopo qualche parziale sacco al paese si diressero in Montefalcione, a frettolosa chiamata del loro maggior nerbo brigantesco, per ivi dover sostenere l'attacco contro la truppa, che seco avea condotta il Governatore de Luca. ... il Governatore de Luca, ad attendere la promessa data al Tarantino, con un numero di oltre a trecento, al cadere del giorno 7 luglio, mosse da Avellino col disegno di stringere i briganti nel mezzo. E poichè questi ebbero l'accorgimento di tenere stanzione generale a Montefalcione, ma in pari tempo per ismembrare la forza avversa, ed in tal modo indebolirla e vincerla, spedivano delle frazioni nei circonvicini paesi, coi metterli in allarmi; ed indi una delle due, o vedersi sopraffatti da' nostri, e rinculare a Montefalcione. traendoli quivi, come avevano praticato la prima fiata con Tarantino; o sperimentarne qualche vittoria, e quindi scoscender tutti qual torrente, in Avellino: ... In verità il sig, de Luca erano quasi le undici antimeridiane del giorno sussecutivo al suo movimento da Avellino, ed egli stavasi ancora in Atripalda; mentre a quell'istante Tarantino avea già sostenuto sei ore di fuoco. A ciò si arroga che quando Tarantino aveva mandato a premurar per la forza, uno del confidenti di de Luca, per nome Rocco Mercuro, credè buona cosa fargli intendere per lettera che fosse stato fermo, chè il Governatore l'avrebbe raggiunto, assaltando i nemici dalla parte di Montefalcione. La lettera fu intercettata, e gli avversari, informati del piano stabilito, accorsero con celerità, e con quanto numero poterono a spacciarsi di Tarantino, per quindi stringersi a Montefalcione... Intanto, data copia al nemico di rendersi numeroso e compatto in Montefalcione, e per dippiù gonfio della vittoria portata su Tarantino, accadde che i nostri... vidersi costretti a riparare nel Convento detto di Montevergine, che siede a capo del paese (di Montefalcione). E poco mancò che non ebbesi a rappresentare pur quivi la funesta scena di Montemiletto, ove a tempo non fosse accorso un corpo di cavalleria ungherese, con altro buon numero di Linea e Artiglieria, con quattro cannoncini rigati, a meraviglia la prima fiata visti per su quelle colline erpicose. ...... Questo racconto. comunque, non collima perfettamente con l'altro dell'Avv. Giovanni Colletti, il quale asserisce che Angelo Ciarla - prima che i reati commessi nella reazione del 6 settembre 1860 passassero alla giurisdizione del giudice ordinario per disposizione di Garibaldi - fu giustiziato dal Giurì, che ne aveva designati 27 da passare per le armi; che "il giorno 8 luglio avrebbe avuto luogo in Montemiletto una solenne cerimonia patriottica per l'alzabandiera tricolore sul Palazzo Fierimonte che era stato sede del glorioso comando della Guardia Nazionale"; che "i briganti in numero di circa duemila capitanati da un capobanda di Chiusano, e convenuti da detto paese, da Lapìo, Montefalcione, Pratola, Luogosano, Montella e Sala di Salerno, nonché i pochi Montemilettesi latitanti, colpiti da mandati di cattura per l'eccidio del 1860 assalirono improvvisamente il paese dando fuoco alla bandiera ed al palazzo Fierimonte, e si abbandonarono quindi alla strage'?; che "Donna Caterina Colletti... venne sgozzata e precipitata nel pozzo di casa Fierimonte che "appena la notizia sia della strage che dell'oltraggio alla bandiera venne appresa a Montefusco, l'Abate Don Pasquale Ciampi... con un buon numero di liberali, si portò in Montemiletto e riuscì ad avere ragione dei rivoltosi; che il Generale Cialdini voleva bombardare il paese di Montemiletto ma poi si astenne per l'intervento dell'Abate Ciampi, luminosa figura di patriota. I morti di questa seconda reazione risultarono registrati, dal N' 81 al N' 97 del Registro dei Defunti della Chiesa Collegiata di S. Maria Assunta con la seguente formula: "Fu sacrificato nella reazione avvenuta in questo Comune senza potergli amministrare sacramento alcuno. Dopo due giorni gli fu data sepoltura nel Camposanto di questo Comune. Ed in fede. Arciprete Luigi Petitti". Nel Registro vi è anche la presente nota: "La reazione cominciò agli 8 di luglio e fini ai 10. La notizia precisa di morti nella reazione non si aveva, e quindi è avvenuto che qualcuno dei morti e stato notato in questo libro colla data degli 8, mentre gli era notata la data del 10 per quelli morti al giorno dieci. Ed in fde. Are. L. Petitti". Sempre dal predetto Libro, risulta il seguente elenco delle vittime: D. Michele Fusco, Don Nicola e Donna Calisa Paladino, marito di Donna Caterina Stragazzi, di questo Comune; in età di 56 anni; D. Federico Fusco del fu Don Michele e D. Caterina Stragazzi, celibe di questo Cornune. di anni 19; D. Domenico Leone, Arciprete; Salvatore Colella: Pellegrino Fina; Carmine Tarantino, D. Paolo Rotondi; D. Giovanni Rotondi (dei vicino Comune di Torre le Nocelle); D. Alfonso Accomando del Comune di Manocalzati; Giuseppe De Benedictis; D. Giuseppe Cimmino; Samuele Leone; Generoso Leone marito di Elisabetta Nuzzolo; Giuseppe Caribì (o Cantú), Caporale di Linea; Giorgio Parigi, soldato di Linea; Carmine Bevilacqua; Donna Caterina Forte vedova di D. Dornenico Colletti.

Da: "Il Martire Irpino" Napoli 1862- Stamperia R.Prete

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