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GLI ORI DEL BRIGANTE DI PAGLICCI

da: http://www.paglicci.com/Il_Brigante/il_brigante.html

Grotta Paglicci, oltre ad essere stata rifugio per millenni dell'uomo preistorico, in epoca storica, e precisamente nella seconda metà del XIX secolo, fu la "tana" preferita di uno dei briganti più spietati di Capitanata: Gabriele Galardi da Sampaolo di Civitate (in paese era conosciuto come Briele Jalarde, ecco perché, a Rignano e nel resto della Capitanata, Paglicci è nota pure come la "Rotte de Jalarde"). Nella grotta, prima di essere catturato dalle truppe statali, così narra una conosciutissima leggenda, il brigante nascose in un posto sicuro tutto il bottino racimolato in anni e anni di rapine ed estorsioni. Si dice che gli "ori" di Galardi potessero essere sufficienti all'epoca per acquistare "sette castelli". Furbo com'era, Jalarde disegnò una dettagliata mappa della grotta con le indicazioni per raggiungere il "tesoro" e la portò con sé in prigione. Nella seconda metà del nostro secolo, seppe di quella mappa un certo Leonardo Esposito da Sannicandro Garganico (la ottenne in prigione da un ergastolano), che in venti anni e forse più mise a soqquadro l'antro distruggendo l'impossibile e facendo crollare buona parte del riparo più esterno (quello che per i ricercatori risulta essere la parte più importante ed arcaica del giacimento). Non si sa se il sig. Esposito riuscì o meno a trovare quel tesoro, di certo si sa che venne assunto più volte come "ricercatore" dagli studiosi delle varie Università che effettuarono campagne di scavo a Paglicci dal 1961 al 1979. Lo conobbe pure il prof. Arturo Palma di Cesnola, attuale responsabile degli scavi per conto dell'Università di Siena. Probabilmente quell'oro è ancora nascosto lì da qualche parte e chissà se qualche archeologo un giorno riuscirà a portarlo alla luce. Per ora il tesoro più importante restano i reperti di un passato remoto che ha restituito tantissime verità, necessarie per meglio affrontare il futuro.

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