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OLIVERIO IN MONACO MARIANNA BRIGANTESSA

di: Angela Russo

da: http://www.storia.unina.it/donne/invisi/profili/oliverio.htm

Marianna Oliverio (1840-1864 Cosenza), soprannominata Ciccilla, nacque probabilmente a Serrapedace, paesino in provincia di Cosenza, nel 1840. Sposò il feroce brigante Pietro Monaco, che, arruolatosi nell’esercito meridionale, aveva combattuto con tanto ardore da guadagnare la nomina di sottotenente durante l’assedio di Capua. Poi Pietro uccise, per vendicare un torto subito, un facoltoso possidente di Serrapedace. Quindi disertò, diventando ben presto il capo di un gruppo di ribelli. Prima della fuga, il Monaco aveva però sposato, in gran segreto, la bella Marianna, sorella di una sua ex amante, Concetta. Accortasi, dopo pochi mesi dal matrimonio, delle particolari attenzioni che il marito dedicava alla cognata, Marianna, folle di gelosia, la attirò nella sua abitazione e, mentre questa dormiva, la uccise con numerosi colpi di coltello. Divenuta brigantessa a tutti gli effetti, Marianna non tardò a prendere il comando della banda, seminando per tre anni il terrore nelle campagne tra Cosenza e Catanzaro. Nel settembre del 1863 organizzò, insieme al marito e ad un’altra banda di briganti, i Rosanova, il sequestro di alcuni membri di una ricca famiglia di Acri, i Falconi, del vescovo di Nicotera e di Tropea, Monsignor De Simone, e di un altro religioso, il canonico Benvenuto. Il sequestro fruttò 15.000 ducati, ma durante gli scontri con la Guardia Nazionale gli ostaggi riuscirono a fuggire. Riconquistata la libertà, i Falconi riuscirono a convincere, con la promessa di una ricca ricompensa, tre briganti della banda di Monaco ad uccidere il loro capo. I tre briganti uccisero Pietro Monaco con due colpi di fucile e spararono anche a Marianna, che ferita, riuscì a fuggire. La donna non si diede per vinta e continuò a guidare la sua banda per altri quarantasette giorni, fino a quando non fu catturata dal capitano Dorna. Condotta a Policastro, Marianna fu processata e condannata a morte, ma successivamente la pena fu commutata nei lavori forzati a vita e poi ulteriormente ridotta a soli quindici anni.

 

BIBLIOGRAFIA

C. Cesari, Il brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano dal 1860 al 1870, Roma s.d.

I. Gelli, Banditi briganti, Firenze 1931.

F. Orestano, Eroine ispiratrici e donne d’eccezione, Milano 1940.

M. Restivo, Ritratti di brigantesse: il dramma della disperazione, Matera 1990.

F. M. Trapani, Le brigantesse, Roma 1966.

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