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BRIGANTAGGIO A NICASTRO

da:http://www.lameziastorica.it/storia_nic3.htm

Durante il successivo periodo dell'occupazione francese della Calabria (1806-1814) il territorio nicastrese fu percorso in lungo e in largo dalle bande dei briganti che combattevano contro i Francesi. Si distinse per la sua efferatezza quella dei "sambiasini" capeggiata da Lorenzo Benincasa. Dopo la restaurazione, Nicastro fu uno dei più attivi centri carbonari. Della "vendita" nicastrese facevano parte anche noti esponenti del clero locale tra cui il parroco della chiesa di S. Maria Maggiore, Don Dionisio Torchia, il canonico Don Domenico Lamberti, il can. Don Saverio Montesanti, il can. Don Giuseppe Piro, il can. Don Domenico Liscotti, il can. Don Prospero Longo, il can. Don Vincenzo Rettura, il can. onorario Don Michele Torcasio, il cappellano Don Luigi Misiani, il cappellano Don Bruno Gaetano, il cappellano Don Domenico Cerra, il cappellano Don Bruno Gigliotti, il cappellano Don Filippo Orlandi. Patrioti nicastresi, guidati da Francesco Stocco, parteciparono nel l848 alla battaglia dell'Angitola contro l'esercito borbonico guidato dal Gen. Nunziante. Molti di loro seguirono nel l860 Garibaldi fino al Volturno. In occasione del plebiscito per l'annessione del Regno di Napoli a quello piemontese, la popolazione nicastrese e anche una parte del clero (la più illuminata) dimostrarono le proprie simpatie per la causa unitaria. Nella vicina Sambiase, invece, nonostante la Guardia nazionale avesse avuto il compito di preparare l'esito favorevole ricorrendo anche alle intimidazioni, alle minacce e persino agli arresti preventivi, la popolazione rifiutò di intervenire alle votazioni e rimase per tre giorni in armi sulle alture circostanti. Al processo, cui furono sottoposti, gli interrogati dissero che i "galantuomini" avevano minacciato di bruciare le loro case se non fossero scesi a votare per Vittorio Emanuele. Sul finire del secolo XIX prese il via l'emigrazione come risposta ad una situazione di vera e propria crisi che investì tutto il comprensorio. Si trattò di un vero e proprio esodo. Il Nicastrese tenne il primato dell'emigrazione in tutta la provincia catanzarese. Infatti il numero annuo di emigrati fu di 3453 per gli anni 1898-1902, di 4096 per gli anni 1903-1907. L'emigrazione colpì Nicastro anche nel secondo dopoguerra dopo il fallimento dei moti contadini e delle occupazioni delle terre. La mancata attuazione della riforma agraria spinse centinaia di braccianti a cercare fortuna nel nord Italia e all'estero. La conseguenza fu una forte riduzione della popolazione agricola che dal 51.8% del 1951 scese al 26.7% del 1971 e, addirittura al 18.1% del 1981.

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