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MAGLIANO DEI MARSI (AQUILA)

da: http://www.abruzzo3.intuttitalia.com/storia_monumenti/sedicesimo2.htm

Testo a cura di Prof. Giuseppe Di Girolamo

Il 1848, l'anno dei portenti come lo definì il Carducci, fu anno di particolare importanza per Magliano che accolse con entusiasmo la Costituzione promulgata da Ferdinando II con decreto del 29 gennaio 1848. A norma dell'articolo 9 del Decreto Reale del 13 marzo fu istituita la Guardia Nazionale, Il Decurionato con delibera del 4 aprile formò la Commissione per la nomina degli uffuciali e sottufficiali della Guardia nazionale. Stabilì inoltre i fondi necessari all'organizzazione in ducati 46,70. Scoppiata la guerra contro l'Austria, il re di Napoli inviò 16.000 soldati sotto il comando di Guglielmo Pepe. Molti marsicani fra cui giovani maglianesi corsero con l'esercito di Guglielmo Pepe a combattere accanto alle truppe piemontesi. Con delibera del Decurionato 35 aprile 1848 …fu nominata una commissione per raccogliere offerte volontarie per far fronte alle spese per l'esercito napoletano che "con amor patrio corre sotto un vessillo tricolore e battere e scacciare l'inimico dalla bella nostra patria Italia".. Con delibera del 2 luglio 1848 il decurionato assegnò un mensile di 12 carlini alla moglie del soldato Vincenzo Antonio D'Innocenzo. Veniva istituita con chiari intendimenti patriottici una festa in onore di Sant'Antonio. Un grande dipinto ove era raffigurato il santo avente sotto i piedi dei cannoni "a simboleggiare che oltre alla protezione del Santo si sarebbe difesa la costituzione anche con la forza contro chi attendesse cambiarla o abolirla." Ma le cose anche questa volta dovevano cambiare (33). L'esercito piemontese dopo tre giorni di combattimento (23-35 luglio ) a Custoza fu costretto ad iniziare la ritirata. Le operazioni terminarono con l'armistizio stipulato dal generale Salasco il 9 agosto 1848. Ma già in precedenza, il 13 aprile 48 la Sicilia si era dato un Parlamento autonomo, e aveva dichiarata decaduta dal trono la dinastia Borbone. Nella stessa Napoli il 15 maggio scoppiò un sanguinoso conflitto fra liberali che chiedevano maggiori garanzie di libertà e le truppe regie. Ferdinando II sciolse le camere e richiamò le truppe di Guglielmo Pepe e di fatto liquidò il regime costituzionale. L'anno successivo, emissari segreti furono inviati ai comuni del regno affinché rivolgessero istanze per l'abolizione della costituzione e il ripristino del governo assoluto. L'opera degli emissari trovava favorevole appoggio fra contadini ed artigiani, che, anche se in forma confusa, vedevano che la rivoluzione era a tutto vantaggio dei galantuomini. Un inno popolare diceva: "Col tamburo e con la Grancassa, viva il re e la gente bassa". Quasi tutti i decurionati della Marsica si affrettarono ad inviare a Napoli suppliche per l'abolizione della costituzione. Il decurionato di Avezzano il 25 giugno 1849 delibera addirittura "che una deputazione composta da' signori Vito De Clemente, d. Raffaele Alojsi, ds. Innocenzo Corbi, il sindaco d. Ladislao cavalier Mattei ed il canonico d. Giuseppe Saturnini si portasse nella Reggia senza dispendio dell'erario comunale e mettesse ai piedi del trono questo tributo di ossequio, di riconoscenza, questa preghiera spontanea, leale per un più lieto avvenire." Il decurionato di Magliano, solo nella Marsica, non si inchinò "a tanta viltà". Nessuna delibera infatti esiste in proposito anzi a dimostrazione del coraggio e la coerenza che i Maglianesi dimostrarono in questa circostanza, risulta che Giambattista Masciarelli e Berardino Villa di Balsorano furono i soli che si opposero alle analoghe istanze dei Consigli provinciale e distrettuale (34). La reazione, che seguì, colpì borghesi, giovani intellettuali e i pochi delle classi subalterne che si erano compromessi. A Magliano a farne le spese fu Giuseppe D'Eramo che, cancelliere comunale stipendiato, fu licenziato il 4 settembre 1850, accusato di "diffondere fogli liberali per mantenere fervente il popolo al liberalismo democratico e di parlare contro il nostro Re alla garibaldesca" (35). Ma un caso che esula dal ristretto ambiente comunale è quello del giovane trentenne Tobia Gentile, che ad Aquila fu condannato a morte dalle corte speciale il 20 settembre 1850. Fervente mazziniano aveva lasciato il paese per arruolarsi a Roma col battaglione degli studenti universitari romani che agli ordini di Giacomo Durando partecipò alla prima guerra di Indipendenza. Combattè a Venezia e poi alla difesa della repubblica romana. Al seguito di Garibaldi, che uscito da Roma, inseguiva l'esercito borbonico sbaragliandolo a Palestrina e a Velletri, fu ferito in questa battaglia. Catturato dai gendarmi fu condotto ad Aquila, dove processato fu condannato a morte dalla Corte Suprema. Commutatagli la pena a 18 anni di ferri, questi in seguito vennero trasformati in esilio perpetuo. Prosciolto da ogni condanna il 39 agosto 1859, militò con i Garibaldini al Volturno nel 1860 e dopo l'unità d'Italia divenne luogotenente della Guardia Mobile di Avezzano nella lotta al brigantaggio. Morirà a Roma nel 1907 (36). I decreti del 1861 e del 1862 gli concessero un sussidio dl lire 500 e un assegno di lire 300 l'anno quale danneggiato politico (Monaco: I galeotti napoletani dopo il 48, Roma 1932). Esiliarono Mattia Di Cola per cospirazione, fu arrestato Agapito Di Cola (37). Abolita la Guardia Nazionale a Magliano si istallava un picchetto armato. Con tutto ciò il 1850 la Festa di sant'Antonio si tenne ugualmente ma il sottintendente, prevedendo qualche sommossa, ritenne opportuno fissare la truppa (Truppa XI linea Palermo) per la vigilia e la festa. Per la circostanza fu dipinto Sant'Antonio ed Ezzelino da Romano, che cadeva dal trono alla predica del santo, dalla cui bocca uscivano le parole "I popoli non si governano con la tirannide". L'allusione politica era troppo palese per non suscitare la reazione governativa. La festa fu quindi abolita per disposizioni ministeriale (38). Il decennio che seguì non fu sterile per la maturazione degli ideali di libertà e di patria se gli eventi del 59 e del 60 trovarono in Magliano piena rispondenza che non interessò solo la borghesia e gli uomini di cultura, ma anche larghi strati di popolo. Correva l'anno di grazia 1860 ed i destini della patria stavano per compiersi. Già si era conclusa felicemente la II Guerra di Indipendenza ed iniziava la grande avventura garibaldina. Sottratta la Sicilia dal dominio borbonico, il 20 agosto Garibaldi passava alla Calabria. Arresasi la guarnigione di Reggio, il dittatore iniziava la risalita della penisola, accolto dagli entusiasmi della folla, che non si rendeva conto di quanto stesse veramente accadendo. Spinto dall'incalzare degli eventi Francesco II succeduto a Ferdinando II, lasciava Napoli e si rifugiava a Gaeta. Garibaldi il 7 settembre entrava nell'antica capitale del reame, festosamente accolto dal popolo. Da qui emanò il decreto per il Pleboscito per l'Italia una e indipendente e indivisibile sotto Vittorio Emanuele re costituzionale, plebiscito indetto per il 21 ottobre. Nel frattempo la maggior parte dei comuni si pronunciavano per la nuova Italia. Il popolo di Magliano si pronunciava per Vittorio Emanuele con ben 300 voti ad appena tre giorni dell'entrata di Garibaldi a Napoli (39). Il giorno 8 di ottobre in nome di Vittorio Emanuele re d'Italia e di Garibaldi dittatore sorse ad Aquila fu instaurato ad Aquila un governo prodittatoriale. Ad Avezzano sorse il Comitato di Salute Pubblica composto dal maglianese Gregorio Masciarelli, Filippo Mastroddi di Tagliacozzo, e gli avezzanesi Orazio Mattei, Luigi Mari, Emanuele Lolli, Manfredi Ferrante (40). Intanto gli eventi precipitavano. L'esercito regolare piemontese per ordine di Cavour, timoroso che nell'esercito garibaldino, dati gli enormi successi, prevalessero elementi mazziniani e repubblicani, scende nel territorio napoletano attraverso i possedimenti dello stato della Chiesa. Le truppe garibaldine sconfiggono frattanto l'esercito napoletano lungo le rive del Volturno. L'indomani nel regno giungono le truppe piemontesi. La reazione però non di dà per vinta. Fra i nostalgici c'è il colonnello Teodoro Federico Klitsche detto La Grange, vecchio ufficiale dell'esercito napoletano che in tempi di pace svolgeva l'attività di giornalista come inviato della gazzetta di Augburg (41). Raccoglie soldati sbandati, assolda una masnada di manigoldi e di scontenti colla promessa di ricco bottino e tenta la riconquista del regno. Partito da isola Liri, attraversa Sora, imbocca la Valle di Roveto. A Civitella Roveto gli viene sbarrata la strada dalle milizie garibaldine, facenti parte dei Cacciatori del Vesuvio e comandate dal generale Pateras e dalla Guardia Nazionale di Aquila comandata da Angelo Leosini. La battaglia si svolse dal mattino al tramonto del 6 ottobre. L'esito fu incerto le notizie che venivano inviate ai Governatori di Aquila, Teramo Chieti erano contrastanti. E comunque confermato che i legionari non riuscirono ad impedire che il La Grange penetrasse nella Marsica. Recatisi a stroncare un grave movimento reazionario a Tagliacozzo, lasciarono via libera al La Grange che, imbaldanzito entra in Avezzano dove trova un alleato in Giacomo Giorgi. Ormai un po' dovunque rialza il capo la Reazione e si giunge a compiere atti di inaudita crudeltà. A Tagliacozzo, a Carsoli, alla stessa Avezzano la reazione impazza sovrana. I liberali, i mazziniani, quanti compromessi con la rivoluzione già dai primi di ottobre sono costretti a lasciare le loro case e fuggono ad Aquila. Ad Avezzano il La Grange apprende che a Magliano c'è stato un pronunciamento antiborbonico e molti sono i liberali e i mazziniani. Viene a sapere che qualche giorno innanzi i maglianesi hanno inscenato i funerali di Francesco II. Qualche reazionario maglianese deve averlo incoraggiato. Intanto Magliano si prepara alla difesa. A sera si sbarrano le porte, vegliano in armi i membri della Guardia Nazionale. Lo testimonia una delibera del Decurionato del 2 dicembre di quell'anno. Il Decurione Giuseppe D'Eramo cosi si esprime: "La Guardia Nazionale di questo Comune, custode della fede dei Maglianesi, è stata salda dì e notte dal 10 al 20 ottobre"(42). Intanto il La Grange avanza verso Magliano. "La marcia del La Grange su Magliano era una deviazione dell'itinerario Avezzano-Aquila per Rocca di Mezzo, ma rappresentava una esemplare spedizione punitiva…. La truppa di De La Grange avanzò su Magliano in tre colonne." (La Guida, 21 dicembre 1860). Il decurionato, convocato d'urgenza dal sindaco don Gaetano Fiorani deve decidere sul da farsi, resistere o abbandonare il paese per rifugiarsi in luoghi più sicuri, come del resto hanno già fatto i responsabili di altri comuni? Non avendo documenti o testimonianze di tale seduta, non ci rimane altro che immaginare i due schieramenti. Dovette essere senz'altro segreta, a porte chiuse come suol dirsi. Non era prudente pubblicizzarla per timore di reazione violenta. C'è chi vuole resistere ad oltranza perché ritiene non giusto abbandonare il popolo allo sbaraglio, chi invece vuole che i più ragguardevoli cittadini maggiormente compromessi abbandonino il paese scortati dalla Guardia Nazionale e si rifugino ad Aquila. I motivi, secondo i fautori, sono plausibili: andranno con la Guardia nazionale ad Aquila per cooperare alla difesa di quella città (43). Così nel cuore della notte, mentre il popolo è asserragliato nelle proprie case, i maggiorenti, quelli che detengono il potere , scortati dal piccolo esercito creato per la difesa cittadina, abbandonano il paese. Le porte rimangono sguarnite, le torri deserte. Con un viaggio avventuroso, attraverso le giogaie del gruppo del velino, evitando tuttavia di valicare l'altipiano delle Rocche, per dove si erano incamminate le altre colonne del La Grange, si recarono ad Aquila. Ad Aquila i nostri vennero accolti con simpatia e la Guardia Nazionale ebbe l'onore delle armi. Il giorno 21 La guardia Nazionale di Magliano ed il Decurionato votarono insieme ai cittadini Aquilani per l'Italia unita e indipendente sotto Vittorio Emanuele (44). Nei giorni successivi la Guardia Nazionale di Magliano si unì a quella Aquilana per contrastare la reazione. Si comportò valorosamente come riconobbe lo stesso maggior generale Ferdinado Pinelli che si compiacque di questo comune vagheggiando l'idea di volerne fare le lodi in un ordine del giorno, e dette in premio alla nostra Guardia Nazionale 42 fucili. - Anche il colonnello Pietro Quintini elogiò la nostra Guardia - Del comportamento di Magliano fu informato lo stesso Cavour col rapporto del 18 gennaio 1861 inviatogli dal suo confidente il giornalista G.B. Botero. La notte fra il 19 e il 20 ottobre dovette per i Maglianesi essere una notte di terrorere e di angoscia. Ci si chiude nelle proprie case incerti del domani. Anche quelli che abitano fuori la cinta urbana, al Borghetto, a Largo San Rocco, calata S. Antonio, si rifugiano dentro il centro storico. Quelli del rione di San Domenico si rifugiano dentro le mura del convento di San Domenicano, accolti da quei Padri. Molti bivaccano in Piazza Santa Lucia, nei crocicchi, in casa dì amici, intenti a pregare.. Dovunque si passi, nelle strade, nei rioni, nei piccoli larghi, dalle case dei poveri, di quelli meno poveri, di quelli agiati giunge l'eco accorato della recita del Rosario. Le ore intanto trascorrono lunghe, terribili. Quando incomincia ad albeggiare, ci si accorge che la Guardia Nazionale non é più sugli spalti, a guardia delle porte. Si va nelle case del sindaco, dei decurioni, ma nessuno risponde. Chi allora cerca di trovare scampo nella fuga, calandosi dalle finestre, aperte alla circonvallazione, chi attraverso le porte secondarie, quella del Chitarrone, di Via Solara, dove la vigilanza borbonica é meno efficace, approfittando anche che il campo nemico è ancora in gran parte addormentato. Si guadagnerà così la campagna, si raggiungeranno i monti. Molti si recheranno a Pascolano, fiduciosi di trovarvi ospitalità, anche perché si tratta di villa predisposta anche alla difesa. I coloni di Masciarelli si trasformeranno per l'occasione in soldati. Qualcuno, ritardatario, si lascerà sorprendete dai soldati regi. Viene inseguito, malmenato, è costretto a gridare: "Viva Francesco II ". C'è chi si asserraglia nella propria casa, disposto a difendere le proprie misere cose. Chi, non avendo più fiducia negli uomini, si rifugia in chiesa a pregare. Qui un sacerdote, di cui non si conosce il nome, esorta a pregare, ad aver fede: la Vergine Santissima, i Santi Protettori sapranno ben difendere Magliano. Si organizza una piccarla processione, che si avvia verso la porta principale, incontro al nemico. Il campo borbonico intanto si è del tutto svegliato, si prepara al saccheggio. Il La Grange si accorge che il paese é abbandonato e le porte sono sguarnite. La marmaglia nemica, senza attendere l'ordine, irrompe nel centro abitato. Tuttavia, quasi presa da sacro terrore, evita di incontrarsi con la processione. Si riversa a saccheggiare specialmente le case dei benestanti, di coloro che sono fuggiti. L'ira del colonnello però non appare più quella del giorno precedente. La tradizione religiosa si colora qui di un evento miracoloso, mentre il La Grange si approssimava verso piazza Santa Lucia gli apparvero i Santi Giovanni e Paolo, protettori di Magliano in atto di fermarlo (45). Altri raccontano che il colonnello era accompagnato dal figliolo il quale durante la notte aveva fatto un sogno: gli erano apparsi due giovani guerrieri romani accompagnati da una bellissima signora. Nell'entrare in chiesa il La Grange e il figlio, quest'ultimo, scorgendo ai lati dell'altare le statue dei Santi Protettori e della Madonna, si rivolse al padre raccontandogli del sogno che aveva fatto. Questi colpito dal racconto, uscì dalla chiesa e dette il segno delle ritirata. E' accertato comunque che il mattino stesso del 20 ottobre Luigi Masciarelli, che risiedeva a Pascolano, alla notizia dell'invasione comunicatagli dai fuggiaschi, si recò immediatamente a Magliano, e, sebbene il suo nome fosse inviso al partito borbonico per io suoi trascorsi carbonati e legionari, ebbe con il la Grange un abboccamento che sortì l'effetto desiderato in quanto i borbonici "si poterono impadronire di una grossa quantità di vettovaglie dei Masciarelli, opulentissimi possidenti e fervidissimi fautori di Garibaldi, a cui inviaron ....... vistosa somma di danaro". Pativa, fra gli altri, un prelevamento di mobili e derrate il canonico Luigi Coccetti (46). Il colonnello dette il segnale della ritirata e Magliano si poteva dire salva. Il popolo vide nell'improvvisa decisione del La Grange l'intervento divino e volle rendere votivo il giorno 20 ottobre allo scopo di ringraziare la Vergine, i Santi Protettori Giovanni e Paolo e i Santi tutelari e tramandare la memoria ai posteri. La Festa voluta dal popolo fu poi ratificata di fatto dall'Amministrazione Comunale con delibera del 32 ottobre 1961. Ma se Magliano si poteva dire salva, ben altrimenti proseguirono gli avvenimenti negli altri paesi della Marsica. Era questa infatti in balia della reazione. Per poterla stroncare il governo piemontese dette incarico al generale Pinelli, che usò metodi oltremodo aspri. "Il 3 novembre, da Aquila, rimetteva al giudizio subitaneo della Corte Marziale ribelli, favoreggiatori, chi avesse abbattuto o sfregiato lo stemma sabaudi, l'effigie di Vittorio Emanuele, la bandiera tricolore". Due colonne mobili furono inviate nella Marsica, una delle quali agli ordini del colonnello Quintini. Partì questa da Cittaducale, sostenne una scaramuccia con i reazionari a Fiamignano, lasciò due compagnia a protezione di Tagliacozzo ed infine poté occupare Avezzano il 21 novemnbre. I liberali avezzanesi poterono così accogliere alla porta San Rocco sotto un arco di trionfo le truppe del generale Pinelli. Ma non era finita. Il Pinelli, che denunciava la frequente pusillanimità delle autorità, suggeriva in un rapporto al Dicastero di Polizia di Napoli "di far lavorare la Corte Marziale per un salutare castigo ai più colpevoli, in modo da esonerare il governo dalla manutenzione di 300 e più detenuti". Il Pinelli, che poteva contare a Magliano sulla collaborazione dei Masciarelli, dei D'Eramo, dei Fiornai, e in conseguenza anche del comportamento della Guardia Nazionale cittadina dimostrato ad Aquila, di fatto tenne lontano il paese dalla stato d'assedio (47). La seconda reazione che nuovamente incendiò la Marsica nel gennaio del 1961, non interessò Magliano se non marginalmente. Una spedizione borbonica capitana da F.S. Luvarà D'Ardoin, accompagnato da Giacomo Giorgi, partiva da Roma allo scopo di alimentare l'insurrezione. Arrivò a Carsoli l'11 gennaio accolta con giubilo dalla popolazione. Alle notizie di questa avanzata rialzarono la testa in quasi tutti i paesi della Marsica a cominciare da Avezzano. Le truppe del Luvarò dopo l'occupazione di sante marie, investirono Tagliacozzo. Il momento era particolarmente grave. Il Colonnello Quintini cercò di correre ai ripari trasferendo a Tagliacozzo le forze disponibili. La notte del 22 gennaio Giacomo Giorgi, in assenza del Luvarà, si spinse col suo esercito fino a Scurcola, "ammantata di neve e guardata da una compagnia del capitano Antonio Foldi. Suonarono le campane l'allarme, la popolazione, scesa nelle strade tumultuando al grido di viva i Borboni. La compagnia del Fondi incalzata dai soldati del Giorgi dovette ritirarsi precipitosamente. Riuscì infine ad attestarsi alla sponda destra del torrente Rafia. Di qui, raggiunti dalle due compagnie dei capitani Giuseppe Rossi e Cesare Cavanna, stanziate a Magliano, passò alla controffensiva e travolse le forze nemiche. I Maglianesi poterono assistere alla battaglia da Fuori La Porta: Il Giorgi riuscì a fuggire ad Arsoli, ma la sorte dei suoi soldati fu veramente esecranda. I feriti furono immediatamente fucilati, un bando "condannò a morte chi dava ricovero ai forestieri: i borbonici, scovati dai nascondigli o spinti sulla strada dai paesani atterriti , venivano giustiziati sul posto, oppure dinanzi alla chiesa delle Anime Sante, stipata di 277 prigionieri. Giunse infine verso il mezzogiorno l'ordine di sospendere le esecuzioni (48). Fatti questi che suscitarono amarezza e dolore in quanti avevano lottato e sperato per un'Italia migliore. Il consiglio comunale del comune di Magliano, che era subentrato al Decurionato, nella seduta del 22 ottobre 1861 ratificò di fatto, con effetti retroattivi, l'istituzione della festa del XX ottobre, voluta dal popolo e celebrata la prima volta proprio in quell'anno, cioè due giorni prima della delibera consiliare. Una delle novità portate dall'Unità d'Italia fu l'entrata in vigore della legge sulla ferma obbligatoria del servizio militare. Molti giovano eludevano questo dovere e si davano alla macchia, seguendo qualche vecchio ufficiale borbonico che non aveva aderito al nuovo ordine. Questo fenomeno che va sotto il nome di brigantaggio durò fino al 1875 circa. Anche nella lotta al brigantaggio come quella contro la reazione fu molto pesante da parte del governo sabaudo. La legge Pica del 15 agosto 1863 istituiva Tribunali di guerra, domicilio coatto di manutengoli, e gli imputati assolti dovevano restare a disposizione della polizia. Si ebbe la sensazione che i piemontesi fossero scesi nel vecchio reame non come liberatori, ma come padroni. Magliano in questo periodo fu abbastanza tranquillo. Si registra un solo caso di brigantaggio. Una Banda di 30 fuorilegge comandata da Vincenzo Bruno ricattò la famiglia Masciarelli di 1000 ducati (49). L'ultimo quarantennio dell'ottocento è per Magliano un periodo di grande progresso non solo economico e civile ma anche culturale. Del resto le speranze erano molte. Il pittore Berardo Amiconi, che risiedeva a Londra, in una lettera del 1863 ai partenti scriveva: Vorrei sentire che già avessero incanalatele latrine, che le strade fossero carrozzabili, fondato un ospedale, scuole con buoni maestri, che insegnino a leggere, scrivere, commercio, ogni sorta di industria". Nel 1863 il consiglio comunale decise di abbattere la torre sovrastante la porta principale, simbolo secondo l'espressione del relatore, dell'oppressione feudale. L'orologio pubblico che coronava i fastigi della torre, fu trasferito nell'interno della chiesa di Santa Lucia a ridosso della facciata al di sopra del portale principale. L'artistico rosone fungeva da quadrante. La soluzione, quanto mai errata per motivi di buon gusto, suscitò le critiche del cittadini, che spinsero l'amministrazione a rimuovere quello scempio e a collocare il quadrante sulla sommità della facciata. Tale rimase fino al terremoto. "Dopo il 1860 dell'antico sistema difensivo al demanio comunale rimaneva ben poco: alcuni archi e gallerie furono venduti a privati cittadini" (Fiorani pag. 43). Si incominciarono a costruire case lungo via Santa Maria di Loreto che prendeva l'aspetto attuale. La costruzione del ponte che sovrasta via Noce degli Angeli, dava alla strada un andatura lineare, resti del vecchio tracciato fu venduto a privati che vi poterono costruire case di civile abitazione. Si agevolava in tal modo l'accesso al centro storico. In precedenza serviva a ciò via Salamitrara, oltre alla sconnessa via di Santa Maria di Loreto. Si pose mano all'acquedotto della formella così che fu possibile collocare all'inizio del secolo nuovo la fontana con la statua di Saturno. Venne fondata la Società Operaia di Mutuo Soccorso, fin dai primi anni dell'unità d'Italia. Gli scopi vengono in seguito chiariti dalla legge del 15 aprile 1886: assicurare un sussidio ai soci in caso di malattia, di impotenza al lavoro, o di vecchiaia, concedere contributi per l'acquisto degli attrezzi di lavoro, promuovere l'istituzione di scuole serali per combattere l'analfabetismo (Liberale: Le Società di Mutuo Soccorso 1870-1907). La società era anche favorita dai signori più illuminati dai cui membri spesso veniva scelto il presidente ed era aperta ad artigiani, a contadini, a liberi professionisti. ........ In una parola a Magliano nessuno è in ginocchio, ma tutti in piedi e vivi alla vita dei tempi. Sono rimaste famose le gite fuori porta che la Società organizzava in particolari momenti dell'anno. La meta preferita era la bella villa settecentesca di Pascolano - Ci si avviava lungo il sentiero alberato che costeggia San Casciano, accompagnati dalla banda cittadina, venivano accolti con grande ospitalità dai signori Mausier. Dal lato artistico e culturale è questo il periodo in cui il pittore Berardo Amiconi onora la nostra terra a Londra dove annualmente espone dipinti nella Royal Achademy, inizia la sua attività il pittore Vincenzo Cianciarelli della Scuola Napoletana, Tommaso Di Lorenzo, incisore, vince il concorso alla Reggia Calcografia e ne diventerà direttore (50). Anche la musica veniva coltivata da alcuni appassionati. Veniva ricostituito il complesso bandistico che riceverà il primo premio in un concorso ad Aquila. Il maestro e letterato Gustavo Giusti fu direttore della Tribuna, mentre il medico Vincenzo Giusti componeva melodie sacre e profane, il poeta satirico, Vincenzo Amicucci affinava le armi per scherzare con le sue sestine su Amministratori comunali e personaggi caratteristici. A questo quadro idillico facevano certo contrasto le condizioni in cui erano costretti a vivere i lavoratori dei campi, ma queste diverranno veramente disagevoli nell'ultimo decennio del secolo e agli inizi del novecento.

 

Note
33) D. Scipioni: Le feste di S. Antonio e del XX ottobre ,Avezzano 1930. 34) Ietti o.c. p. 101.

35) Scipioni le feste…ASCM. Delibera del Dec. 4- 8-1850

36) Ietti o.c. p.101- ASN,Arcr.,f.1466.,pol.,f.38,180,197. Monaco:I galeotti politici napoletani dopo il 1848,Roma 1932,vol. II,p. 714.

37) Ietti o.c. p. 102. ASN pol.,Gab.,2° p. 1850, esp. 4186, vol, 3°, p.2. Govotti: Il movimenmto murattiano p.33.

38) D. Scipioni : le feste di S. Antoniuo e del XX ottobre. A. Melchiorre :profilo ecc. o.c.

39) Scipioni o.c. G. Di Girolamo :Storia e significato della feste del XX ottobre. Malchiorre:o.c. Catalogo Mostra del Risorgimento 1960 L'Aquila. 40) Ietti o.c.p.118.ASN.int.,3° inv.,f. 602

41) Catalogo Mostra Risorgimento.1960 LìAquila- La Guida giornale dell'epoca.

42) ASCM, Delibera decurionato.,

43) Cat. M. Ris.

44) Ibidem

45) D. Scipioni Feste di S. Ant. E del XX ott. G.Di GirolamoStoria e significato f.XX ott.

46) Ietti o.c. p. 141 da ASN, Arcr, f.1262;pol. Gab,2° p., 1860, esp. 30, vol.80.

47) ASCM Del. Dec. 2-12-1860

48) Ietti o.c. p. 137- Catalogo mostra del risorgimento L'Aquila

49) Ietti o.c. p. 152. Colapietra; Acquirenti dei beni ecclesiastici in Anruzzo, Napoli 1968.

50) G. Di Girolamo: B. Amiconi e altri artisti di Magliano, Roma 1997.

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