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BRIGANTAGGIO A FARA SAN MARTINO

da: http://www.farasanmartino.info/storia/brigantaggio01g.html

 

I BRIGANTI

La presenza di briganti che scorrazzavano per il territorio abruzzese e che potevano facilmente trovare riparo e rifugio tra le montagne non facilmente accessibili, è stato un fenomeno presente e che viene ricordato fin dai tempi più remoti ed in special modo durante il periodo della dominazione spagnola nel XVI e XVII secolo. I cambiamenti di regime o di dominatori contribuivano ad aumentare temporaneamente il numero di coloro che si davano alla macchia e contribuivano ad accrescere gli atti delinquenziali e a diminuire lo stato di sicurezza di coloro, spesso commercianti, si spostavano sul territorio senza una sicura scorta. Un brigantaggio politico ebbe ulteriore motivo di essere tra il 1798 ed il 1799 con la proclamazione della Repubblica Partenopea dopo e i sovrani borbonici erano fuggiti in Sicilia. Un altro rigurgito si ebbe tra il 1809 ed il 1810, durante il regno di Gioacchino Murat. Quando il Murat salì al trono, tutto il Regno si può dire infestato dai briganti: ogni contadino insofferente della miseria, come ogni ribaldo desideroso do conquistare la fortuna si davano alla campagna (F.S. Nitti). Il territorio di Fara, in prevalenza montuoso, si prestava a nascondere bande di malviventi e di persone che si erano date alla macchia. Nel linguaggio popolare l'appellativo di brigante è rimasto, con la prevalente indicazione di malvivente dedito a reati contro la popolazione.

IL BRIGANTAGGIO

Con l'avvento dell'Unità d'Italia nel 1861 il fenomeno ebbe una ulteriore recrudescenza ed interessò pesantemente la realtà politica ed economica di Fara San Martino. Il paese nel 1861 contava 2937 abitanti e nel plebiscito a favore dell'avvento del nuovo regno tutti gli aventi diritto si espressero in modo favorevole al Regno di Savoia. Fara si trovava in un momento estremamente favorevole che vedeva lo sviluppo dell'attività laniera con i commerci aperti verso la vecchia capitale Napoli. Il confronto con le attività laniere e tessili delle industrie del nord vide l'inizio di una inversione di tendenza e la lenta decadenza di tali attività. Nei vent'anni successivi la popolazione ebbe una diminuzione di quasi trecento unità. Tornando al problema del brigantaggio sappiamo che sul territorio farese si abbatterono due diverse bande che a volte agivano unite. La banda capitanata da Domenico Di Sciascio di Guardiagrele e la banda capitanata da Domenico Valerio di Casoli, più conosciuto con il nome di Cannone. Di questi specialmente il Cannone si distinse per la efferatezza delle sue azioni e per la ferocia con la quale portava a compimento i suoi crimini. I furti, i taglieggiamenti, le rapine ed i sequestri di persona erano le attività prevalenti di queste bande di briganti. In alcuni casi si ebbero anche delle connivenza tra alcuni faresi e queste bande, ma la loro partecipazione risultò sempre marginale nei confronti delle azioni criminose di queste bande di briganti. A Fara viene di solito ricordato un episodio di quel periodo, cioè il rapimento di un industriale laniero da parte della banda del Di Sciascio

UN EPISODIO DI BRIGANTAGGIO

Giovanni Di Cecco era un industriale di pannilana e tessuti di Fara e per i suoi commerci si recava spesso verso Napoli per effettuare le consegne presso i suoi clienti. In uno di questi viaggi nel giugno del 1864 fu catturato probabilmente verso la montagna nei pressi di Palena. Oltre ad essere rapinato del suo bagaglio, i briganti lo tennero prigioniero e chiesero alla famiglia il pagamento di un riscatto. Le trattative vennero intavolate con la famiglia ed il Di Cecco fu spostato, assieme ai suoi carcerieri, sulle montagne di Fara. Non si sa di preciso come avvenne, ma una notte Giovanni Di Cecco riuscì ad eludere la sorveglianza dei suoi carcerieri (qualcuno riferisce che si servì della complicità di qualche brigante, ma sarebbe da escutere vista la ferocia di cui erano capaci i loro capi) e di corsa scese giù dalla montagna lungo i ghiaioni che arrivano fin giù alla Valle di San Martino. Scoperta la sua fuga i briganti lo rincorsero, ma non riuscirono a raggiungerlo. Durante la folle discesa il Di Cecco pregò la Madonna e promise che se avesse avuto salva la vita, avrebbe, per voto, ricostruito l'antica chiesa della Madonna dell'Uliveto i cui ruderi si trovavano tra le sorgenti del fiume Verde e le gole di San Martino. Arrivò sano e salvo in paese e mantenne fede al suo voto. Oggi infatti sul versante di destra, andando verso le gole di San Martino, è possibile scorgere una piccola cappella chiamata della Madonna dell'Uliveto che conserva un'antica tela della Madonna stessa. Sulla piccola facciata, in una piccola edicola sulla sinistra, si può leggere questa dedica scritta in un italiano abbastanza impreciso: Tu che passi in questa via, ferma il pie, lodi Maria a D(ivozione) di Giovanno Di Cecco del fu Stefano, per essere liberato da questa Vergine immane dei malviventi su la cima di questa montagna. A(nno) D(omini) 31 giugno 1864 (ricordiamo che giugno anche nel 1864 aveva 30 giorni). I due documenti che seguono, consistenti in due messaggi inviati dal Comune di Fara San Martino al Prefetto di Chieti, danno l'idea di come le istituzioni di Fara fossero impegnate nel debellare il fenomeno del brigantaggio e di quanta forza fosse richiesta per arginare il fenomeno. L'allora Sindaco Vincenzo Gentile, oltre a farsi promotore di iniziative per chiedere maggiori forze e suggerire le strategie più adatte, si rende disponibile a trovare persone da infiltrare tra i briganti, Luigi Tafani, e la disponibilità di persone che si sono rese colpevoli di collusione con i briganti e desiderano tirarsi fuori, come Pietro Di Maio.

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Municipio e Guardia Nazionale Fara S. Martino, 20 Maggio 1865

Al Sig. Prefetto di Chieti

Ventitre briganti ieri sera si videro accampati nella montagna di questo Comune e propriamente sotto il piano della Casa. Nel mentre abbiamo preso dei provvedimenti affinché dal Comune non si rechi loro del vitto, facendo guardare tutt'i sbocchi che menano alla montagna da questa Guardia Nazionale, ci troviamo nella necessità di spedire alla S. V. il presente espresso, affinché trovandosi disponibile un centosettanta, oppure un centocinquanta uomini di forza regolare, dar loro l'assalto con qualche felice risultato, dividendo la forza in tre distaccamenti, uno cioè prendendo la via di Palombaro, l'altro la via di Lama, ed il terzo per questo Comune, e così stringere e chiudere i briganti da tre lati. Intanto una persona fidata è stata spedita novellamente nella montagna per guardare le mosse dei briganti, e tenerli di mira. Attendiamo le disposizioni di risulta, nella intelligenza che la forza non potrà essere minore di quella indicata, potendo però inviare una sessantina di uomini verso Palombaro, una sessantina verso Lama, e il numero minore qui, che verrà coadiuvato da questa Guardia Nazionale, ed occorrendo delle guide ai due distaccamenti, possiamo anche fornirle.

Il Sindaco V. Gentile

Il Capitano della Guardia Nazionale

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Municipio di Fara San Martino 17 Ottobre 1865

Al Sig. Sotto Prefetto di Chieti

Spero con certezza poter da qui a dieci giorni partecipare alla S. V. la lieta nuova della cattura di Domenico Sciascio, a presentazione di Pietro Di Maio il quale per la premura da me ricevuta, tanto per parte della moglie che per mezzo di Luigi Tafani fu Francesco, il quale unitamente al Di Maio prenderà parte attiva in questo affare, fingendo mischiarsi tra i briganti, porteranno vivo o morto il di Sciascio in dato sito per consegnarlo alla forza. Anticipazione alla S. V. che non si dica, che il Tavani fosse unito coi briganti al fine di delinquere. La riverisco con distinta stima

Il Sindaco V. Gentile

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