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BRIGANTI A CELLINO SAN MARCO

da: http://www.curtipetrizzilandia.it/briganti.php

Sul fenomeno del brigantaggio post-unitario si è scritto spesso mistificando la storia. Si trattò di un'esplosione di banditismo nella regione meridionale o della rivolta sociale di un popolo tradito? A proposito Il Carella così si esprime: "Il brigantaggio è parte integrante della storia dell'Italia meridionale. Fu un movimento generato da profonde ragioni sociali e che trovò la sua spinta principale nell’ansia di conquista di migliori condizioni di vita. Purtroppo, però, degenerò in manifestazioni criminose, molto lontane dall’originaria ispirazione." Del brigantaggio a Cellino San Marco ci informa anche lo storico cellinese Enzo Gambardella che esprime un giudizio ben diverso dal Carella. Egli giudica questo fenomeno come un vero flagello, non meno grave di altri flagelli che in quegli anni si andavano abbattendo nel nostro paese. "Già sin dal 1842 i briganti scorazzavano nel nostro agro e dal vicino bosco di Curtipetrizzi, dove si erano stabiliti, assaltavano le diligenze, svaligiavano i malcapitati viaggiatori e non mancavano di penetrare di tanto in tanto nello stesso paese, dove, spargendo il terrore, non lievemente danneggiavano nelle persone e nei beni la già immiserita popolazione." Una volta i briganti entrarono nel paese camuffati da zingari. Fingendosi tali, per vedere se si conoscesse il loro rifugio, si informarono in quale parte dell’agro si fossero nascosti i terribili ladroni e di tutti coloro che ne parlarono male, si vendicarono più tardi mutilandoli crudelmente. I briganti oltre a rifugiarsi nel bosco di "Curtipetrizzi" usavano come covo segreto la famosa "Rutta dei Briganti" (Grotta dei Briganti) che si trova nella campagna antistante al menzionato bosco a circa 400 m. in linea d’aria. Questo covo ben si prestava ad essere un nascondiglio poiché l’ingresso della grotta sotterranea era completamente coperto dalla fitta vegetazione di macchia mediterranea ancora oggi presente. I più anziani del paese, che a loro volta hanno sentito dai loro nonni, raccontano che la grotta era collegata con il vicino bosco tramite dei "camminamenti" (tunnel) sotterranei da dove i briganti potevano passare e sfuggire facilmente alla Guardia Nazionale, nascondendosi nella fitta vegetazione boschiva. La Guardia Nazionale di Cellino comandata dal capitano Luigi Lupinacci aveva il compito di arrestare tali ribaldi nel nostro territorio. L’animatore delle imprese del Brigantaggio nel Brindisino fu il bandito Romano di Gioia del Colle. Più volte intervenne anche la banda dello spietato Carmine Crocco, il capo esponente del brigantaggio tra le montagne della Basilicata Altri personaggi di spicco furono: Cosimo Mazzeo detto "Pizzichicchio", Giuseppe Nicola La Veneziana, Antonio Lo Caso detto "Il Capraro", Giuseppe Valente detto "Nenna-Nenna". Nell’organizzazione generale del Brigantaggio brindisino vigeva un sistema simile a quello militare. Il La Veneziana che conosceva perfettamente ogni zona del circondario, fungeva da coordinatore tra le varie bande. I briganti provvedevano alle proprie necessità mediante l'opera di alcune persone chiamate manutengoli. Questi erano i fornitori volontari, sostenitori del Brigantaggio. Tutte le volte che i soldati della Guardia Nazionale penetravano nei nascondigli, nei covi dei Briganti, vi trovavano ogni sorta di provvigioni e squisitezze: carni, pane, formaggio, vini, liquori, medicinali. Manutengoli erano preti, monaci, parenti dei briganti, contadini. Anche il muretto a secco che cinge il bosco di Curtipetrizzi è stato usato dai briganti come nascondiglio per le loro refurtive. Appena qualche anno fa sono state trovate dal sig. Franco Carrisi, proprietario del bosco, alcune bottiglie di olio risalenti al periodo dei Briganti. Erano, infatti, incastrate tra le pietre del muro di recinzione. A confermare è Don Carmelo, padre di Franco Carrisi il quale racconta che suo nonno Antonio lavorava nel bosco come carbonaio. Aveva contatti diretti con i briganti, tanto da meritare la loro fiducia. A lui, infatti, si rivolgevano per avere vettovaglie e tutto ciò di cui avevano bisogno. L’anziano carbonaio, temendo i disertori non poteva sottrarsi al suo compito di "corriere". La sera del 24 luglio 1861, dopo un conflitto a fuoco, la Guardia Nazionale comandata dal cap. Luigi Lupinacci riuscì a catturare gli undici briganti nascosti nel bosco di Curtipetrizzi; furono, poi, condotti a Brindisi e fucilati il 26 luglio del 1861. Obiettivi preferiti delle "squadre brigantesche" erano le masserie che, in quei tempi, vissero il periodo più travagliato della loro storia. Le masserie Minichella, Curtipetrizzi, Chimienti, Camardella, Scaloti, Esperti, Annano, Angelini, Santa Teresa, Colemi ed altre furono teatro delle varie azioni brigantesche e degli scontri tra Carabinieri, Guardia Nazionale e briganti. I malviventi si facevano consegnare soldi, vestiti, biada, generi alimentari, cavalli, armi, munizioni, ecc. Le donne, nelle masserie, si adoperavano a far da mangiare i banditi. Quasi tutti si preoccupavano di assecondarli per paura di essere uccisi o che bruciassero la masseria. Il brigantaggio, oltre a provocare danni alle persone, alterò il sistema economico di vari centri, considerando che le masserie offrivano posti di lavoro e, quindi, erano fonti di sostentamento per i contadini. I briganti vestivano come contadini; qualcuno di loro portava in testa un berretto con fiocco rosso; d'inverno si avvolgevano in grandi cappe scure. I capi-banda avevano la barba ed il cappello all'italiana. La lotta contro i briganti non fu facile e durò circa un ventennio. A Cellino si presero iniziative di repressione e furono raccolte numerose offerte in denaro da utilizzare nella repressione banditesca. I briganti, snidati dai boschi, cacciati dalle campagne, vennero finalmente abbattuti: così il nostro agro veniva liberato da questo flagello. I Cellinesi, acquistarono un poco di pace dopo tanti turbinosi avvenimenti e così attesero con maggior lena al sano lavoro dei campi e in breve tempo migliorarono le loro tristi condizioni economiche.

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