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BRIGANTI E PERSONAGGI CELEBRI DELLA CALABRIA

di: Francesco SISCA

estratto dalla "La Provincia di Catanzaro" Periodico bimestrale Amministrazione Provinciale

Ancora c'e' chi identifica la Calabria con i "briganti". Innanzi tutto i "briganti" calabresi non erano dei malfattori o banditi come qualcuno vuole insinuare. Erano operai, artigiani, contadini ribelli alla prepotenza ed ai soprusi dello straniero, allo sfruttamento continuo dei lavoratori, alle ingiustizie sociali, alla corruzione, alle dure leggi degli oppressori, al disumano trattamento della gente indifesa, alla persecuzione degli innocenti. Tale affermazione non e' una nostra convinzione, ma il risultato di alcuni avvenimenti storici che si verificarono in Calabria anche durante la triste dominazione francese dei primi anni del 1800. Le tasse sempre più pesanti e le leggi sempre più insopportabili avevano ridotto la popolazione alla fame e alia disperazione, ed ecco il sorgere dei "briganti"! Ecco i "pedacisi" (di Pedace - Cosenza) ribellarsi allo strapotere dei francesi. Nel bosco di Malaparte i "pedacisti" affrontarono coraggiosamente il nemico, superiore per numero e per mezzi, e, dopo una sanguinosa lotta corpo a corpo durante la quale caddero eroicamente moltissimi di essi, furono sconfitti. I superstiti, guidati da un certo Lorenzo Martire ed incoraggiati da Padre Domenico Rota, nemico acerrimo dei francesi, si dispersero fra i boschi per continuare la guerriglia e per sottrarsi alla vendetta del nemico. E nessuno deve meravigliarsi se durante la latitanza dei ribelli calabresi, braccati come cani dagli oppressori, si sono verificati degli atti incolsulti di violenza. I contadini calabresi erano ridotti a vivere tra fatiche e debiti per pagare le tasse, per cui non negavano il loro aiuto a coloro, come ai cosiddetti "briganti", che avevano il coraggio di ribellarsi alle dure leggi dei tiranni. Ed e' bene precisare che solo per questo motivo essi erano ospitali a chi si dava alla macchia. Chi conosce bene i calabresi sa come essi agiscono. L'apostolo della scuola Giuseppe Isnardi in "Paesaggio calabro" dice tra l'altro: "Dicono che io sia innamorato della Calabria, e a molti buoni amici, specialmente del settentrione e dell'Italia centrale, questo mio "amore" e' parso o forse pare ancora, se non eccessivo o innaturale e strano, per lo meno singolare. Sara' cosi'. Ma quando penso come questo "amore" si e' fatto in me, sino a divenire quasi tutta la mia vita, con le sue nostalgie e i suoi irresistibili bisogni di ritorno, non posso non pensare proprio a quel mondo contadino, mondo di poveri, di pazienti o di ribelli senza violenza di ribellione, in cui la Provvidenza mi mando' a lavorare, forse perche' imparassi a conoscere meglio, nella povertà, gli uomini e me stesso, conoscessi, cioe', davvero quello che e' dolore e fatica, rassegnazione e speranza e disperazione, sete di giustizia, oscurita' di eroismi senza riconoscimento, senza gloria e senza premio". Il "brigante" piu' noto della Calabria e' considerato Giuseppe Musolino. Ma chi era veramente questo famigerato "brigante"? Un lavoratore tranquillo di S. Stefano d'Aspromonte, dov'era nato il 1875, quando fu arrestato perche' avrebbe sparato e ferito un uomo. Cerco' con ogni mezzo di dimostrare la sua innocenza, ma inutilmente! Fu condannato a ventuno anni di carcere per colpa di alcuni testimoni falsi. La lettura della sentenza del magistrato dell'Assise di Reggio Calabria lo sconvolse e, con animo fermo, giuro' di vendicarsi cantando a bassa voce il motivo della canzone del brigante Martino: "'Nd ebbiru lligrizza chiddu jornu / quandu i giurati cundannatu m'hannu... / ma si pi sciorta a ddu paisi tornu / chidd'occhi chi ridiru ciangirannu. / (N'ebbero allegrezza quel giorno / quando i giurati condannato m'hanno / ma se per sorte a quel paese torno / quegli occhi che risero piangeranno. / Dopo due anni riusci' ad evadere (gennaio 1899) dal carcere di Gerace e divento' il "brigante" dell'Aspromonte! E, come il personaggio di Alessandro Dumas "Il Conte di Montecristo", si vendico' dei suoi accusatori e dei suoi nemici uccidendo sette persone e ferendone undici. In quel tempo, in Calabria e fuori, Musolino era diventato un mito, il re della foresta. Si vedeva ovunque, ma nessuno riusciva a precisare dove. Dopo una lunga ed avventurosa latitanza, fu catturato per puro caso da due carabinieri in perlustrazione. Musolino si trovava nelle campagne di Acqualunga (Urbino) quando avvisto' due carabinieri, armati di tutto punto, che lo seguivano. Temendo di essere stato scoperto, si mise a correre in cerca di un posto sicuro. Correndo, sfortunatamente per lui, urto' ad un filo spinato di un reticolato, coperto di arbusti, e rimase impigliato come un uccello in trappola per cui i carabinieri non trovarono alcuna difficolta' ad ammanettarlo. Era il 1901. Dopo qualche anno fu processato e condannato all'ergastolo. Musolino non ebbe la forza di resistere al suo dramma ed impazzi' in carcere. Il 1946 fu graziato e si stabili', ormai stanco ed inebetito, a Reggio Calabria dove mori' il 1956. Una triste e penosa fine, ben diversa da quella del Conte di Montecristo! Eppure c'e' una certa analogia tra la storia di Musolino e quella fantomatica di Montecristo! Forse per le origini dei protagonisti non poteva essere uguale. E cosi' Musolino restera' nella memoria del tempo il terribile , "brigante" della Calabria ed "Il Conte di Montecristo" il giustiziere dei falsari, dei mistificatori, dei persecutori. Ma la Calabria, per chi non lo sapesse, oltre ad essere stata la terra dei "briganti", e' stata anche la terra di uomini celebri che si distinsero in ogni tempo ed in ogni campo nella vita sociale. Erano calabresi:

Pepe Florestano di Squillace (Catanzaro) 1778-1831. Generale di grande prestigio al servizio della repubblica napoletana. Combatte' in Spagna per Giuseppe Bonaparte per Murat, facendosi ammirare per il suo coraggio e per il suo intuito tattico. Il 1812 partecipo' alla spedizione in Russia con l'esercito Napoletano. Al ritorno fu mandato negli Abruzzi per reprimere un pericoloso moto rivoluzionario. Nel 1815 si distinse combattendo contro gli austriaci, per cui alla ripresa della guerra contro lo stesso nemico fu nominato Capo di S. M. - (1821)

Pepe Guglielmo di Squillace (Catanzaro) (fratello di Florestano) 1783 -1855. Generale Patriota. Il 1799 combatte' valorosamente a Portici ed a Napoli contro le soldatesche del "nobile" Ruffo. Emigrato in Francia, si arruolo' nella legione italiana per partecipare alla battaglia di Marengo. Tornato a Napoli, fece parte di una congiura contro i borboni e fu arrestato, ma liberato dopo tre anni da Giuseppe Bonaparte. Con l'avvento di Murat (1811), fu mandato a combattere in Spagna e successivamente in Italia prese parte ad altri combattimenti a fianco dello stesso Murat. Il 1820 era uno dei capi dei moti carbonari e alla prima sommossa riusci' ad entrare a Napoli alla testa degli insorti. Poi con l'intervento degli austriaci fu sconfitto a Rieti e costretto all'esilio in Inghilterra prima e dopo in Francia. Dall'esilio, confortato dall'amicizia di Ugo Foscolo, pubblico' un libro interessante sugli avvenimenti dei moti napoletani del 1820-1821. Marasco Antonio di Soveria Mannelli. Il pomeriggio del 22 marzo 1806 affronto' energicamente un ufficiale francese che si era permesso di fare un'offerta amorosa alla moglie e lo uccise. La reazione dei soldati francesi fece insorgere tutte le Popolazioni di Soveria e dei paesi vicini che, con ogni sorta d'attrezzi, seppero dare una buona lezione agli invasori. Ecco come avvennero "I vespri calabresi" che nessun libro di storia riporta!

Nicotera Giovanni di Sambiase (Catanzaro) 1828-1894. Fu allievo di Luigi Settembrini a Catanzaro. Aveva eccezionali capacita' intuitive ed un grande amore per l'Italia. Ancora giovanissimo fece parte del Comitato rivoluzionario di settembre (1848). Un anno dopo era con Garibaldi all'attacco di Villa Pamphili, dove si distinse per aver costretto alla resa il comandante francese affrontandolo coraggiosamente con un pugnale. Una prodezza che sbalordi' lo stesso Garibaldi, il quale lo nomino' sullo stesso campo di combattimento suo Luogotenente. Successivamente a Casino dei Quattro Venti, combattendo contro il nemico, fu ferito gravemente. All'ospedale s'incontro' con Goffredo Mameli che mori vicino a lui. Il 1853 era a Milano per partecipare ai moti rivoluzionari contro gli austriaci; Cavour si accorse di lui e non esito' ad affidargli alcune commissioni diplomatiche. Per la sua eroica condotta e per il suo valido contributo alla causa italiana, fu insignito della Croce dell'Ordine di Savoia. Anche dopo l'unita' d'Italia seppe rendersi utile alla Patria, accettando incarichi parlamentari di notevole interesse pubblico.

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