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AVELLINO

La storia dei Carabinieri in Irpinia

di Andrea Massaro

da: http://www.agendaonline.it/avellino/articoli/carabinieri.htm

La presenza dei Carabinieri nelle nostre contrade risale ai primi mesi del 1861. Nell' aprile di tale anno la Caserma di S. Generoso spalanca il suo portone ai primi Carabinieri che vi presteranno servizio ininterrottamente sino al 1880. Dal gennaio del 1881 il Padiglione ospita, prima in via provvisoria e, poi, definitivamente, i Carabinieri avellinesi. Il 31 dicembre di quell'anno, in occasione del terzo censimento generale della popolazione, nella futura Caserma Litto vi si trovano ben 25 carabinieri tra ufficiali, sottufficiali e militi, oltre alcune famiglie degli ufficiali. I Carabinieri, quali "a piedi", e quali "a cavallo" presenti nel capoluogo irpino sono nativi delle province di Napoli, Caserta, Milano, Brescia, Potenza, Alessandria, Catania, Udine, Vicenza. Al Maggiore Carlo Castelli, quarantottenne, cagliaritano, coniugato con tre figli, era affidato il Comando dei Reali Carabinieri, coadiuvato dal Capitano Quaglio, piemontese di Ivrea, da un maresciallo, da tre brigadieri e da un vice brigadiere. Sin dalla loro venuta in Irpinia i Carabinieri non ebbero vita facile, specialmente negli anni immediatamente all'Unità. La lotta alla reazione borbonica e al brigantaggio non risparmiò i Carabinieri in Irpinia e nelle province limitrofe. A Casalduni l'11 agosto del 1861, un piccolo reparto di 40 soldati e 4 carabinieri fu assalito dalla folla inferocita che massacrò a "colpi di schioppo, falce, scure, mazze e pietre" tutti gli uomini del reparto. All'eccidio sopravvissero soltanto due uomini postisi fortunatamente in salvo. La reazione di Cialdini fu spietata e immediata. Il Prof. Francesco Barra nel suo lavoro "Il brigantaggio in Campania", (Napoli 1983), parla di "un autentico e orrendo progrom". Alle falde del Cervialto, nel giugno del 1866 i carabinieri uccidono il brigante Francesco Cianci, di Montella. Le scorribande di Cianci e di altri noti briganti, quali il Manzo, il Nardò, pure di Montella, il Gasparre, di Senerchia, durarono per lunghi anni, seminando il terrore al loro passaggio. Soltanto nel 1866 la banda di Cianci fu sgominata, grazie all'intervento energico del Prefetto Bruni. La morte del Cianci e l'annientamento della sua banda furono ricordate in Consiglio Comunale con parole di apprezzamento da parte del Sindaco Emiddio de Feo nei riguardi del Prefetto e della forza pubblica. Una particolare menzione da parte degli amministratori comunali di Avellino fu riservata al "bravo" Maresciallo dei Carabinieri, de Angelis. Per il solerte sottufficiale fu previsto, nell'ormai certa promozione, che "non sia amosso da questa provincia per la speciale conoscenza dei luoghi e delle persone". Il 20 agosto del 1873 anche la banda di Manzo fu sgominata tra Flumeri e Sturno da un centinaio di uomini tra soldati e carabinieri. Oltre agli episodi cruenti, i Carabinieri sono presenti in molti episodi della nostra storia civile. Il forzato trasferimento alle Torrette, sede dei Carabinieri nel periodo post terremoto e finalmente, il rientro nella nuova e moderna Caserma al Rione Speranza-Via Roma, segna l'utrasecolare percorso dell'Arma che si è svolto in tutti questi anni nel capoluogo irpino, dove ha scritto luminose pagine di storia, molte delle quali scritte da generosi figli di questa antica terra. Nell' aprile del 1861 i Carabinieri Reali, come accennato, fanno il loro ingresso in Avellino destinandosi presso la Caserma di S. Generoso a Porta Puglia. L'antico convento, già dei Padri Agostiniani, da oltre mezzo secolo sede della Gendarmeria borbonica, fu incamerato dal Comune di Avellino a seguito delle disposizioni legislative emanate da Giuseppe Napoleone il 13 febbraio 1807, con le quali fu stabilito la soppressione di molti ordini religiosi e la relativa confisca dei beni, che furono devoluti al patrimonio comunale. Il 30 aprile 1861 il Sindaco di Avellino, Domenico Capuano, quello ricordato dal Prof. Giovanni Pionati nel lavoro "Maledetti Garibaldini ! " fornisce ai Carabinieri Reali "gli oggetti più necessari per loro uso". Gli oggetti consegnati dal Sindaco al "Maresciallo d'alloggio" Sig. Vastana sono: "una marmitta di rame grande con coperchio, una caldaia, una casseruola, un cuppino ed una schiumarola, forniti dal maestro ramaio Vincenzo Miniere. L'ebanista Gaetano Del Vecchio provvede a fornire "una tavola di noce di palmi 6x4 e tre foderi con le corrispondenti serrature, due tavolini di legno ceraso con piedi torniti, completi di un tiratojo ognuno". Il costruttore di sedie Generoso Pellecchia si occupa delle fornitura di "sei sedie di legno faggio". Il venditore di stoviglie Antonio Guerriero fornisce il corpo di "bottiglie per acqua, e bicchieri di cristallo napoletano". L'ottonaio Francesco Vecchione, infine, provvede alla dotazione di "nove cadelieri d'ottone". La divisione dei Carabinieri Reali stabilita in Avellino faceva parte della 7° Legione al comando del Capitano Ferri. Nell'agosto del 1861 la divisione è inglobata nella 10° Legione, mentre il nuovo Comandante è il capitano Ferdinando Tedeschi. Dopo un decennio di permanenza nel Convento di S. Generoso il locale, come avanti ricordato, diventa sempre più inadeguato e insufficiente ai bisogni dell'Arma. Nel 1870, dopo le vive insistenze da parte dei Carabinieri per una nuova sede, l'Amministrazione Provinciale è interessata a reperire e localizzare il sito ove costruire una capiente caserma per le necessità del Corpo dei Carabinieri. Un quinquennio dopo l'argomento sembra avviarsi a soluzione quando l'amministrazione Provinciale acquista dal Sig. Nicola De Peruta il palazzo alla via Irpina, attuale Via Mancini. L'11 ottobre 1875, nella seduta tenuta dal Consiglio provinciale , fu stabilito che il palazzo De Peruta sarebbe diventato la nuova caserma dei Carabinieri di Avellino, previo lavori di trasformazione, specie nei locali a pianterreno, nei quali si dovevano ricavare ampie scuderie e stalle per i cavalli. Il 9 ottobre 1875 il Maggiore dei Reali Carabinieri, Pellegrini, e l'Ingegnere Attilio d'Avitaja si portarono nel palazzo per un sopralluogo e il tutto sembra esser risolto nel modo migliore. Ma le perplessità riscontrate dal Comando della Legione, specialmente in ordine alla funzionalità dei locali da destinarsi agli squadroni dei Carabinieri a cavallo, fanno ben presto sfumare ogni possibilità di trasformare Palazzo De Peruta in Caserma per i Carabinieri Reali. Le trattative proseguano per trasferire i Carabinieri dal Convento S.Generoso e trovare loro una sede più accogliente. Propizia per i Carabinieri e per il Comune appare la decisione scaturita da lunghe trattative avviate dall'Amministrazione che durarono dal 1877 al 1882 con la quale fu stabilito lo scambio di propietà tra il Comune e la Provincia. Lo scambio proposto consiste nella cessione da parte della Provincia di Palazzo De Peruta al Comune che, come è stato ricordato in occasione della recente inaugurazione del 20 dicembre 1987, dal 1884 diventa sede municipale, mentre il Comune assegna alla Provincia il Padiglione al Corso che diventerà, fino al terremoto del 23 novembre 1980,la nuova e definitiva Caserma dei Carabinieri Reali di Avellino. Le richieste del Comando dei Carabinieri divengono sempre più pressanti. Prima del perfezionamento della pratica sullo scambio di proprietà tra Comune e Provincia i Carabinieri, nel gennaio del 1881, si trasferiscono alla nuova caserma frattanto fittata alla Provincia, mentre quattro anni dopo il Padiglione è attribuito nella piena proprietà alla stessa Amministrazione in cambio del Palazzo De Peruta. Nella Caserma S.Generoso trova accoglienza la nascente Scuola Enologica, ove rimane per oltre un decennio, sino a quando viene completato il nuovo edificio ai Cappuccini il cui progetto si deve a due fratelli, entrambi valenti architetti avellinesi: Achille e Ottavio Rossi. Calamità pubbliche e altri disastri vedono l'impegno generoso dei Carabinieri chiamati a soccorrere la popolazione in gravi frangenti. E' il caso della catastrofica alluvione del 13 e 14 ottobre del 1878 quando a S. Antonio Abate una grave sciagura causò 15 vittime. Il quartiere del Centro Storico, il più antico di Avellino è stato sempre il più esposto a calamità e pericoli, sia per la vetustà dei fabbricati ivi esistenti, sia per la sua ubicazione, essendo la zona più bassa della città, quindi più vulnerabile, spesso soggetta ad inondazioni ed altri inconvenienti del genere. La quiete della notte tra il 13 e 14 ottobre del 1878 fu turbata, verso le due, da una inaudita pioggia e dopo poche ore la zona bassa della città era invasa dalle acque che, in alcuni punti, oltrepassò i due metri. La descrizione si presenta davvero apocalittica. La prima contrada ad essere distrutta fu quella di S. Antonio Abate: case diroccate, lesionate, spogliate di quelle poche masserizie di cui disponevano, ponti spezzati, alberi divelti e moltissime famiglie scampate dalla morte, rimasero senza tetto e si ebbero ben 15 vittime. Una guardia daziaria nel disperato tentativo di salvarsi, si arrampica sui bastoni di ferro di un fanale posto sul muro della chiesa di S. Antonio Abate, della Madonna della Salette, ivi venerata, ma il crollo di questa, ne causa la morte. Alle Fornelle, parecchie case sono letteralmente scomparse nei flutti, altre distrutte e molte pericolanti. A Rio Cupo (località, oggi, risanata, mediante la copertura del torrente ed il riempimento con materiale di risulta, diventato suolo edificatorio, con superbi e moderni palazzi...), molti abitanti si salvarono, praticando fori sui muri delle case. A Molino Santo Spirito (località sita alle spalle della Chiesa di Monserrato ed al Convento delle Suore Stigmatine ), nuove vittime ed altri danni. Una povera madre, Vincenza Matarazzo, muore annegata nel tentativo di soccorrere il suo figlioletto. In questa località furono rinvenuti alcuni cadaveri, trascinativi dalla corrente. In questa località fu ripescata anche la Statua della Madonna della Salette. Per più chilometri, sino alla vicino Atripalda la campagna era una immensa palude. I mulini della zona furono resi inservibili. Nel registro dei Morti della Parrocchia di S. Maria di Costantinopoli, trovansi registrati dal Parroco dell'epoca ( Don Giuseppe Piemonte) tredici vittime. Le vittime e i danni sarebbero stati certamente di proporzioni ben più gravi, se l'intervento della forza pubblica, delle Autorità e di molti volenterosi cittadini non fosse stato tempestivo. Oltre all'onorificenza comunale, appositamente istituita, i seguenti Carabinieri vennero premiati dal Governo per le loro generose azioni compiute in occasione dei tragici fatti del 13 e 14 ottobre 1878:

Maresciallo Ena Givia Pietro;

Brigadiere Mensitieri Ferdinando;

Brigadiere Ruggiero Francesco;

Vice Brigadiere Tancrede Pasquale;

Carabiniere Lombardi Stefano; Fondini Vito; Bolchi Enrico; D'Augè Cosmo; Di Rienzo Nicola; Rocca Francesco;

Il Maggiore Carlo Pagani ed il Capitano Borotono Alessandro furono oggetto di una menzione onorevole da parte del Comune. In moltissime altre circostanze i Carabinieri si meritarono plausi ed encomi per il loro senso del dovere e per la grande disponibilità prestata, non solo in Irpinia ma nell'intero territorio nazionale. Ed in proposito appare quanto mai opportuno e doveroso ricordare alcune delle più brillanti figure d'Irpinia che hanno militato nell'Arma dei Carabinieri che, con il loro esempio, hanno portato alto il nome della nostra provincia di Avellino [...]

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