CASTELPAGANO Terra del Sannio Beneventano

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disegno del Maestro Salvatore FIORE

 

PERIODO SPAGNOLO

Ferdinando il Cattolico, re di Spagna e Luigi XII, re di Francia, conquistarono d'accordo il Regno di Napoli, ma in seguito tra Spagnoli e Francesi scoppiò la guerra, alla fine della quale agli Spagnoli restò il Regno di Napoli (1504). In questo periodo avvenne la disfida di Barletta, tra 13 cavalieri italiani e 13 cavalieri francesi. La dominazione spagnola fu caratterizzata da provvedimenti confusi e contraddittori, da disordine e corruzione, dalla boria e prepotenza dei nobili.

L'infausto governo Spagnolo nel reame di Napoli durò più di due secoli e si espresse attraverso l'opera impopolare dei Vicerè o Luogotenenti, che spadroneggiavano su tutto e su tutti, autorizzando i feudatari a fare altrettanto. Il feudatario continuava ad avere diritto sulla vita e sulla morte di tutto quello che si trovava all'interno del suo feudo. Ma, quello che caratterizzò il periodo della dominazione spagnola, fu la smisurata quantità di tasse e gabelle, che il popolino dovette sopportare [G. NISTA, Castelpagano nella cronistoria, inedito, 2000]. Scoppiarono carestie e pestilenze. I nobili assimilarono i costumi spagnoli, trasgredendo impunemente le leggi e divenendo prepotenti e tiranni. La povera gente spesso si ribellava alle imposizioni fiscali, ai privilegi e ai soprusi dei signorotti locali: jus primae noctis, il focatico, il terratico, il glandatico, ecc. Ma le rivolte venivano soffocate nel sangue, come quella di Masaniello nel 1647. Durante questo periodo si verificò l'arresto dello sviluppo economico e civile e la povera gente fu oppressa da sfruttamento, tasse gravose, soprusi, ipocrisia e servilismo. Essa era costretta a scappellarsi con genuflessione davanti ai nobili. Le tristi condizioni di vita si sintetizzavano nelle tre F: festa, farina e forca. Si perpetuavano usi e costumi medioevali che in altri paesi erano già scomparsi, segnando un notevolissimo ritardo nello sviluppo economico e sociale.

 

Premesso che non esiste società civile senza tasse, si rileva che i sistemi fiscali usati fino all'Ottocento erano esosi ed iniqui, per la pluralità degli impositori di gabelle: Stato, Chiesa, Feudatari. La mancanza di un criterio unificatore generò disparità di trattamento fiscale tra le diverse università e, all'interno di esse, tra i diversi cittadini aggravata dalle frequenti esenzioni, detti privilegi, concesse ad libitum dalla corte regia. Alcune categorie di persone, nobili, ecclesiastici e pochi altri, erano escluse dalle imposte. I vassalli pagavano più di tutti, sopportando fino ad un carico fiscale del 60%. I proventi fiscali non venivano spesi equamente per i vari servizi nelle varie comunità locali. Per questo motivo, nulla o poco veniva speso in loco per miglioramenti fondiari, per costruzione di strade, di ponti, di case, di fontane e per i vari servizi pubblici, che si può dire che non esistessero.

Nel bilancio delle università locali non si trovano le voci per la pubblica istruzione, per la nettezza urbana, per l'igiene e la sanità pubblica. La prevenzione e la protezione civile, in caso di calamità naturali, come pure l'assistenza sociale, erano sconosciute. I vassalli, poveri, affamati o malnutriti, distrutti dal lavoro lungo ed estenuante o dalle malattie, erano torchiati dalla corte, dal clero e dai feudatari. Era un ordinamento fiscale gerarchico: i vassalli pagavano le imposte al barone, alla corte regia e alla Chiesa; il barone alla corte e alla Chiesa. Le imposte erano fisse ed occasionali. I vassalli erano tenuti: a macinare il grano nei molini del feudatario; ad assicurargli la servitù domestica; a frangere le olive nei suoi frantoi; a cuocere il pane nel suo forno; a comprare i commestibili e i vini nei suoi negozi; a servirsi dei suoi alberghi. Ai tempi dei Normanni la figlia del feudatario, prima di sposarsi, doveva chiedere il consenso del re, una specie di proscioglimento da un obbligo. La figlia del vassallo, invece, prima di sposarsi, doveva andare a spazzare la stanza da letto del barone. Questo obbligo, chiamato jus scopae, altro non era che una vergognosa prestazione abilmente mascherata. Del primo obbligo si trovano tracce nei noti consensi regi a procedere al matrimonio; del secondo, invece, nessuna traccia si rinviene nei documenti, ma è attestato dalle fonti orali. Chi avrebbe osato sancire in un codice un simile diritto? Certe pretese vergognose venivano abilmente nascoste e covate segretamente nel proprio seno.

Si tramanda che, nel vicino Comune di Circello, lo "jus primae noctis", non fu più preteso, dopo che il fratello di una giovane sposa, travestitosi e sostituitosi alla sorella, uccise il signorotto locale nella sua camera da letto. In seguito al fatto, il giovane si diede alla macchia e per sfuggire alla giustizia, si unì ai rivoltosi di Masaniello (1647). Da uno scritto del Capecelatro leggiamo "Il Pietro di Crescenzo lasciato la provincia degli Irpini si era avviato per lo contado del Molise e Capitanata con intendimento di occupare Lucera. Questi unitosi con un certo di casa Focugno (Faccagno - forse il fratello della giovane sposa uccisore del feudatario di Circello) fattosi capo popolari in Circello e luoghi circonviciniori, con altro di Piedimonte presero Castelvetere saccheggiarono lo avere dell'affittatore". Certamente con i popolani di Circello c'erano anche uomini di Castelpagano oltre a quelli di Colle Sannita ecc…. [G. NISTA, Castelpagano nella cronistoria, inedito, 2000].

Si può dunque parlare di un diritto consuetudinario, basato su abusi maltollerati. Il prof. Fuschetto scrive: […] Gli atti di crudeltà e gli abusi perpetuati dai baroni durante la feudalità, non si contavano, ma sicuramente si raggiunse la perversione con il "vergognoso diritto" della Prelibazione, detto anche "Cunnatico", perchè rappresentava l'eccesso degli eccessi. Esso consisteva nella facoltà che avevano i Signori di trascorrere con le nuove spose dei loro vassalli la prima notte di matrimonio. Tale diritto veniva anche chiamato "ius scopae", "ius primae noctis", "ius feminarum […]. In seguito, col passare del tempo, s'introdusse l'uso di riscattare tale diritto col pagamento di mezza marca d'argento e tale nuova consuetudine fu definita "Marchetta" o "tassa dello amoreggiamento" che a sua volta sarà abolita dalla Commissione Feudale nel 1809. Si narra che fu il re Evene ad introdurre in Scozia tale abuso; poi passò in Inghilterra, in Germania, in Piemonte e in Francia, ove tale consuetudine fu attuata rigorosamente. "Jus scopae" fu chiamato così per coprire la vergognosa oscenità. Con esso si pretendeva dal Signore, che la nuova sposa andasse a spazzare la stanza dove egli soleva dormire. …. Intanto mentre la piccola Comunità di Castelpagano, come migliaia di piccole Comunità, asciuga e cura, nel silenzio della Storia, le sue piaghe e ferite, e troppo spesso non fa in tempo a vederne guarita una, che altre gliene procura un destino avverso, sulla sua testa, alla luce della storia mondiale, cambiano i Regni e i padroni. Nel 1707, durante le vicende della guerra di successione Spagnola, un corpo di spedizione Austriaco sottomette il Napoletano, ponendo così termine alla dominazione Spagnola nel Regno di Napoli [G. NISTA, Castelpagano nella cronistoria, inedito, 2000].

APPENDICE

Imposte e servizi feudali

Acquatico: imposta dovuta per l'uso delle acque demaniali;

Adiutorio: gabella che i sudditi del principe erano obbligati a pagare in caso di necessità; oppure prestazioni di soccorso al feudatario in circostanze particolari;

Adoa o Adoha: servizio pecuniario che il feudatario prestava al re, in cambio del servizio militare cui era tenuto, detto adohamento;

Angaria: servizi personali dovuti dai vassalli ai feudatari con retribuzione ridotta o prestazione forzata di opere imposta ai sudditi;

Bagliva: esazione di diritti per applicazione di bolli alle bilance, alle stadere e alle caraffe, o per controllo delle unità di peso e misura;

Canone: prestazione annua in denaro o in prodotti;

Censuo: rendita assicurata su poderi venduti ad altri;

Colletta: tributi fondiari o in genere una qualsiasi imposta obbligatoria in occasioni particolari, come nozze della figlia del re, spese di guerra, ecc.;

Dazio: tassa di consumo su pane, frutta, ortaggi, olio, salami, carne, vino, formaggi; sulla canapa, sulla macinazione del grano e del granturco;

Decima: il tributo dovuto allo Stato o alla Chiesa, gravante sul fondo agricolo e consistente nella decima parte del raccolto o del reddito;

Dominio: il tributo dovuto al signore, distinto in dominio alto e diretto e in dominio utile;

Donativo: balzello in forma di dono al re o al feudatario, oppure regalie in natura, come capponi, uova, ecc. da corrispondere al padrone in particolari occasioni;

Erbatico: censo che il pastore pagava per tagliare l'erba in luogo pubblico o prestazione per aver diritto di condurvi a pascolare gli animali;

Focatico: tassa su ciascun fuoco o focolare, istituita da Carlo I D'Angiò; tassa di famiglia;

Foresteraggio: forse tassa dovuta dai forestieri per soggiorno in certi luoghi;

Gabella: tassa dovuta per l'introduzione di certe merci nei comuni, come quella per il sale, ortaggi, frutta fresca;

Giandatico: tassa da pagarsi per la raccolta delle ghiande nel demanio pubblico;

Laudemio: somma di denaro che pagava chi riceveva un feudo o un livello;

Pedatico: tassa imposta agli utenti di strade, o tributo per diritto di passaggio in territorio;

Perangaria: prestazione di opera al feudatario senza retribuzione;

Plateatico: tassa che in passato si pagava al comune per esporre la merce nelle piazze o nelle vie;

Pontatico: pedaggio dovuto da chi passava su certi ponti;

Quindennio: decime che gli ecclesiastici pagavano ogni quindici anni; tassa corrispondente alla metà dei frutti di un anno sulla rendita dei benefici dei seminari, istituita dal papa Paolo III;

Regalia: tributo spettante al sovrano;

Relevio: tassa che si pagava quando si entrava in possesso del feudo; tassa di successione corrispondente alla metà dei frutti di un anno;

Rendita: utile che si ricava dai diritti di peso e misura o dal possesso di beni mobili e immobili;

Scalatico: tassa che si pagava per lo scarico delle merci nei porti;

Servizi: prestazioni obbligatorie di lavoro, servitù, di guardiania, alloggiamenti militari;

Strenna: dono da farsi al barone in generi o in denari, in giorni solenni;

Terratico: canone o imposta in natura, dovuta per lo sfruttamento della terra;

Testatico: imposta pubblica gravante sulle persone, dalla quale erano esenti i nobili e il clero;

Vinatico: tassa che si pagava per la produzione di vino.